• Executive

Top 500 Firenze | La classifica

Le imprese fiorentine hanno registrato mediamente, nel 2021, una crescita del fatturato pari al 29%, una variazione superiore a quella nazionale. Per il 2023, dal punto di vista dell’impatto dell’aumento dei prezzi energetici sul fatturato delle aziende, i settori più impattati saranno probabilmente quello sanitario, cartario e del cemento. Fra i segni positivi per il futuro, ci sono invece le opportunità di finanza agevolata, agevolazioni fiscali, crediti d’imposta o finanziamenti a tassi agevolati. Diverse misure sono previste anche tra gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).Scopri la classifica delle prime 500 aziende della provincia

  • Investments

Dal green al digitale: ottimismo sul Paese. Leggi l'approfondimento di Giovanni Andrea Toselli

Ci sono più 191 miliardi di euro da impiegare entro il 2026 "Aziende consapevoli delle opportunità offerte dal Pnrr"Fonte La Repubblica.«L’importanza del Pnrr risiede nell’impatto significativo che avrà sull’intera collettività e sulla crescita economica dell'Italia. Sono ottimista perché il Paese sta reagendo più che bene». Dal suo osservatorio, costituito da imprese di ogni tipo e settore. Giovanni Andrea Toselli, presidente e ad di PwC Italia, prova a guardare il bicchiere mezzo pieno per il futuro del maxipiano di investimento e riforme che può cambiare la prospettiva economica dell'Italia nei prossimi anni. Ci sono più 191 miliardi di euro sul piatto, tra prestiti e risorse a fondo perduto, da impiegare entro il 2026. E sei missioni da portare a termine, dalla digitalizzazione alla transizione ecologica, che si articolano in centinaia di progetti su tutto il territorio, da Nord a Sud. Nel 2021-22 sono state erogate due tranche di finanziamenti pari a 66,9 miliardi di euro. Il governo italiano è ora in attesa della valutazione della Commissione europea in merito alla richiesta per il pagamento della terza rata da 21 miliardi di euro. Risorse che si andranno ad aggiungere a quelle già incassate negli scorsi mesi e che serviranno a finanziare la costruzione di ferrovie, piste ciclabili, asili nido, ma anche per diffondere la tecnologia 5G e per avviare opere infrastrutturali che sono cruciali per il Paese. «I fondi del Pnrr vedono un'applicazione importante a progetti che fanno leva sull'ammodernamento delle infrastrutture e altri immobili, oltre che sull'energia e sulla digitalizzazione. Sono tutti aspetti che hanno indubbiamente grande rilevanza per il bene comune. Inoltre, vedo una forte consapevolezza da parte delle imprese e sono convinto che molti progetti possono ancora prendere vita», assicura Toselli che sul tema si è già pronunciato due settimane fa durante il secondo appuntamento dell'anno, dedicato al Pnrr, di “Italia 2023: Persone, Lavoro, Impresa": la piattaforma di dialogo con i massimi esponenti del mondo delle istituzioni, della finanza e dell'impresa promossa da PwC Italia in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi. Il punto di vista di Toselli è quello del mercato. E lui sa bene che il Pnrr rappresenta una "straordinaria occasione" di rilancio del nostro tessuto imprenditoriale, impegnato oggi a ripensare i propri modelli di business in chiave sostenibile. «Dall'analisi delle risposte della nostra PwC Ceo Survey 2023, circa il 65% degli intervistati ritiene che il proprio modello di business sarà oggetto di revisioni sostanziali per essere sostenibile nei prossimi 10 anni -conferma Toselli - Se è vero che la determinazione di un investimento si basa anzitutto sui ritorni ipotizzati nel momento in cui si esegue, allora, vivendo in un mondo mutevole, è impossibile definire progetti oggi che richiederanno investimenti nel lungo periodo senza prevedere revisioni periodiche dell'approccio». Insieme alla sostenibilità, l'altra grande sfida del Pnrr è proprio la digitalizzazione (Missione I). L'obiettivo di questo intervento è promuovere la transizione digitale della PA e del settore privato, favorendo la competitività delle aziende italiane sui mercati internazionali. La dotazione è di circa 41 miliardi di euro, di cui circa 10 miliardi per la PA (migrazione al cloud dell'infrastruttura pubblica, estensione del servizi digitali ai cittadini, rafforzamento delle difese di cybersecurity): 24 miliardi per le imprese (digitalizzazione del sistema produttivo, investimenti in tecnologie 4.0, riforma della proprietà industriale, innovazione digitale, internazionalizzazione delle Pmi e realizzazione di una infrastruttura nazionale di connettività in banda ultralarga): 7 miliardi per il turismo e cultura 4.0. «Innanzitutto, senza una copertura di rete adeguata, la digitalizzazione vera non può esistere», premette Toselli. Che ammette: «C'è ancora molto da fare perché, senza una connettività idonea, non saremo nelle condizioni di utilizzare tecnologie evolute ed innovative, come ad esempio il Metaverso, che offrono opportunità dal punto di vista relazionale e della produttività. Grazie ad una rete sempre più performante otterremo grandi processi di efficientamento. Il dialogo è oggi soprattutto incentrato su smart working e laureati Stem, ma la vera sfida è trovare il modo di spiegare cosa significa vivere e pensare digitale». A proposito di digitalizzazione, Toselli conclude con una «riflessione imprescindibile sulla cybersecurity»: «In Italia abbiamo aziende strategicamente preparate, ma c'è ancora molto da fare. Sono convinto che, con l'implementazione del processi produttivi digitali, le imprese saranno sempre più esposte a questi rischi che dovranno essere attentamente gestiti». - v.dc.

  • Marketing & Sales

Global and Italian M&A Trends 2022 e Outlook 2023: in Health Industries

Servizi diagnostici, consumer healthcare, nutraceutica e CDMO i settori più caldi.Quali saranno i driver di investimento di Corporate e fondi di Private Equity nel settore Healthcare / Pharma per le attività di M&A nel 2023?Secondo la nostra “Global and Italian M&A Trends 2022 e Outlook 2023: in Health Industries” saranno il consolidamento del mercato dei servizi sanitari, la resilienza ed alta marginalità del settore e la possibilità per i corporate di ampliare e completare i loro portafogli di prodotti.“In un contesto di incertezza economica, il settore Health Industries rimane fortemente attrattivo offrendo un mix di resilienza, prospettive di crescita di ricavi e margini alti che ne fanno uno dei settori prediletti dai fondi di Private Equity. Si aggiunge inoltre l’opportunità per le principali aziende farmaceutiche nazionali di sfruttare, in un contesto di scarsa disponibilità di finanza e alti tassi di interesse, l’ampia cassa detenuta per fare acquisizioni strategiche volte ad ampliare l’offerta di prodotti / rafforzare e completare la pipeline. Queste dinamiche, unitamente ad una possibile normalizzazione dei multipli valutativi quale diretta conseguenza delle pressioni inflattive, dovrebbe sostenere l’attività di M&A nel settore Health Industries nel 2023 con un progressivo miglioramento nel corso dell’anno.” Nicolò Brombin, Health Industry Deals Leader, Partner PwC Italia.A livello globale l’attività di M&A nel 2022 ha registrato una contrazione nel settore Health Industries del 23%, sebbene il numero di deal sia rimasto sopra i livelli pre-pandemici. In Italia il settore Health Industries ha concluso il 2022 con 88 operazioni annunciate, in decremento rispetto al 2021 (111). Mentre nel segmento Pharma&Lifescience il numero di operazioni annunciate è rimasto sostanzialmente stabile (55 nel 2022 vs. 53 nel 2021), i deal nel segmento degli Health Services sono calati da 58 (2021) a 33 (2022).Tutti i dettagli sul sito dedicato.

  • Corporate Social Responsibility

Auto elettriche in Italia: “Ripensare l’offerta, perché la domanda c’è"

Studio PwC Strategy&: un italiano su tre è interessato ad acquistare veicoli Bev nei prossimi 2 anni. Nel 2022 importate 50mila automobili cinesiFonte La Repubblica.itPer crescere su larga scala, le auto elettriche in Italia dovrebbero costare meno. Ma questo è possibile solo ripensando l’offerta, a partire dai modelli di fascia più bassa, per ridurre progressivamente il divario di prezzo sulle vetture a combustione interna. Così lo studio eReadiness di PwC Strategy& spiega i motivi delle poche immatricolazioni di autovetture Bev (Battery Electric Vehicle) nel nostro Paese: la quota si è fermata al 3,7% nel 2022, in calo del 4,6% rispetto al 2021; mentre in Europa sono cresciute in media del 29% rispetto all’anno precedente, con una penetrazione del 13,9% rispetto alle vendite totali di autovetture. Ma non è il caso dell’Italia. A quanto pare, non per una carenza di domanda. Anzi, secondo lo studio, in Italia oltre un consumatore su tre si dichiara interessato ad acquistare auto elettriche nei prossimi 2 anni, percentuale che sale al 75% in caso di orizzonte temporale esteso a 5 anni. Tale quota è superiore a quella di altri Paesi europei che sono più avanti nel percorso di transizione alla mobilità elettrica, come ad esempio Germania e Regno Unito, in cui la percentuale di immatricolazioni delle vetture Bev nel 2022 è stata molto più alta rispetto all’Italia (17,8% e 17,2% contro 3,7%).Oltre al prezzo, l’altro deterrente sono le infrastrutture di ricarica. Poche e distribuite a macchia leopardo. Non a caso, gli italiani, che comprano auto elettriche o che sono intenzionati a farlo, vivono nelle province a più alto potere di acquisto. Il loro reddito medio risulta superiore di oltre il 50% rispetto a chi non è interessato. La barriera economica resta, però, il primo ostacolo. E non solo in Italia. Lo studio osserva che in Europa le auto elettriche costano mediamente oltre il 25% in più rispetto ad auto di pari livello a combustione interna. Questo contesto penalizza, in particolare, l’Italia ed altri principali Paesi europei con potere di acquisto pro capite più basso come la Spagna e, in misura più moderata, la Francia. “I piani di lancio di prodotti elettrici in Europa hanno seguito il tipico processo di introduzione di nuove tecnologie, che punta in prima istanza ad indirizzare i segmenti di mercato più profittevoli”, spiega Francesco Papi, partner di strategy& e automotive leader di PwC Italia. In Cina la situazione è esattamente all’opposto. Qui si è preferito puntare da subito sull’elettrificazione di massa, proponendo vetture accessibili per raggiungere nel tempo più breve possibile una produzione su vasta scala, con i relativi benefici economici.Francesco Papi, Partner di Strategy& e automotive leader di PwC Italia In Italia, invece, l’offerta di vetture Bev nel 2022 ha riguardato prevalentemente modelli di fascia media (segmenti C e D). Per contro, l’analisi delle vendite evidenzia una netta concentrazione della domanda sul segmento A delle citycar, pari al 34% del totale mercato Bev, su cui sono stati offerti solo 7 modelli rispetto ai circa 80 commercializzati nello stesso anno. Lo studio segnala questa distonia tra esigenze della domanda di massa e offerta del mercato automotive: gli italiani chiedono prezzi accessibili su segmenti di fascia medio-bassa soprattutto per la mobilità urbana, i produttori puntano invece su auto elettriche di fascia medio-alta perseguendo una logica di marginalità piuttosto che di volume. Tutto questo, prosegue lo studio, pone il nostro Paese in una situazione di stallo nella transizione alla e-mobility e apre la porta a una maggiore importazione di prodotti dalla Cina.Nel 2022 i brand cinesi, da un lato hanno guadagnato quota rispetto all’anno precedente nel mercato domestico a scapito dei costruttori stranieri (principalmente americani e coreani), dall’altro hanno incrementato la market share in Europa. In particolare, in Italia, l’import dalla Cina è stato di circa 50.000 veicoli nel 2022 considerando sia la quota di produzione in Cina di marchi internazionali (es. Tesla), sia la vendita nel nostro mercato di marchi cinesi (es. Byd, Xpeng, Nio) direttamente da parte del costruttore, tramite importatori o assemblatori locali. Nel 2025, tale fenomeno raddoppierà raggiungendo quota 100.000 veicoli, pari a circa il 6% del totale del mercato in Italia.

  • Information Technology

Colloqui nel Metaverso

PwC assumerà 600 professionisti.Fonte Corriere.it di Irene Consigliere.Il Metaverso è diventato sempre più attuale anche nel mondo del lavoro. E per quanto riguarda le selezioni di personale le grandi aziende si stanno dando da fare soprattutto per i profili digitali e più giovani che hanno più dimestichezza nei confronti della tecnologia. E a proiettarsi nel futuro e ad essere tra le pioniere in questo ambito c’è PwC che ha in programma di fare il colloquio nel Metaverso a 600 candidati entro la fine del 2023 per la ricerca di profili che lavoreranno nell’advisory, ovvero consulenza (al momento sono escluse dal progetto le selezioni di figure per la revisione e i servizi fiscali). Il percorso è iniziato con un progetto pilota che ha coinvolto 50 giovani neolaureati per la ricerca di professionisti nella business unit Customer transformation, branca che si occupa di affiancare aziende nello studio di modelli ed esperienze innovative per disegnare la customer journey (vale a dire la realizzazione di punti vendita, e-commerce e tutti gli aspetti inerenti alla relazione tra impresa e clientela.Le motivazioni principali che hanno portato PwC a investire nella selezione nel Metaverso sono quelli di attrarre nuovi talenti, reimmaginare i limiti del possibile nella trasformazione digitale HR, migliorare l’esperienza del candidato e promuovere con soluzioni all’avanguardia l’immagine della società I candidati potranno entrare nel vivo dell’esperienza di selezione lavorando su dei business case customizzati a seconda delle aree di interesse. Promuovere un iter di selezione ibrido, svolto in parte nel Metaverso e in parte nella realtà, permetterà ai candidati di comprendere in modo realistico come si svolge una giornata tipica in consulenza e di interagire e confrontarsi nel reale, sentendosi liberi di esprimere al meglio le proprie qualità personali e relazionali. Circa il 20/30% dei candidati (600 su 3mila all’anno) sarà assunto con questo processo di selezione ibrida che renderà l’esperienza ancora più entusiasmante a partire proprio del colloquio primo dell’ingresso in azienda.Ma come funziona in concreto il percorso nel Metaverso? Si indossano innanzitutto visori di ultima generazione, si accede alla piattaforma virtuale in seguito si deve risolvere un business case. Nel colloquio realizzato da PwC l’azienda per cui preparare la consulenza era attiva nella vendita delle automobili. I candidati, che dotati di un joystick, hanno inizialmente dovuto creare il loro avatar, hanno successivamente avuto l’accesso virtuale alla sala riunioni dell’amministratore delegato con cui hanno fatto brainstorming per capire quali fossero le sue reali esigenze. Dopo sono tornati in ufficio per trovare le soluzioni più adeguate in 30 minuti e hanno preparato la presentazione di queste idee. “Ai nostri futuri assunti, che generalmente provengono o da facoltà Stem, in particolare dal Politecnico di Milano o dalla Bocconi, Luiss e Cattolica, ma anche in alcuni casi da facoltà umanistiche, chiediamo resilienza, capacità di lavorare in situazioni complesse e capacità di sapersi adeguare ai diversi contesti. È importante anche influenzare il contesto e fare accadere le cose. Investiamo molto in formazione. Per questo I nostri profili sono ricercati dal mercato anche se poi faticano a cambiare lavoro perché da noi si sta bene anche grazie al fatto che è possibile fare hybrid working e 3 giorni di smart working, siamo attenti alla parità di genere e c’è sempre la possibilità di avere una visione del futuro in anticipo rispetto ad altre organizzazioni” racconta Luca Ruggi, direttore risorse umane PwC che in Italia conta 26 uffici e 7mila dipendenti in Italia.Scopri di più alla pagina dedicata.

  • Other

Quanto bisogna spendere per vincere lo Scudetto? Almeno 260 milioni. Le stime di PwC

PwC Italia, che da oltre 10 anni alimenta un osservatorio economico-finanziario e statistico dedicato al calcio professionistico italiano, ha deciso di investire ulteriormente per offrire agli operatori del mercato una soluzione innovativa e unica nel suo genere.Fonte Milano Finanza di Francesco BertolinoQuanto costa vincere uno scudetto? In Italia 260 milioni di euro. Non stiamo parlando di strategie corruttive, ovviamente. Ma della spesa media per calciatori sostenuta dai club che si sono aggiudicati il campionato nelle ultime quattro stagioni. A calcolarla è PwC che con il Football Strategy Tool ha raccolto, catalogato e organizzato per la consultazione 13 anni di dati patrimoniali, finanziari e sportivi di tutte le società di Serie A e Serie B. Si scopre così che la traiettoria del pallone è più prevedibile di quanto si pensi. I club qualificati alla Champions League, per esempio, hanno un costo medio della rosa di 170 milioni, per ambire all'Europa League è necessario sborsarne 145, mentre per schivare la Serie B un presidente deve metter in conto un investimento sui giocatori di 53 milioni. Certo, sono possibili eccezioni: il Milan, per esempio, è riuscito a conquistare la Serie A 21/22 pur avendo il quarto totale retributivo del torneo. Ma i casi straordinari non sono fondamenta solide per costruire un progetto a lungo termine. «È possibile che un club eviti la retrocessione con un monte ingaggi di 30 milioni per una stagione, ma la probabilità di ripeterlo in maniera seriale è remota e di conseguenza modellare un piano industriale su queste basi non è corretto», spiega Luigi Mascellaro, partner di PwC, che con Federico Mussi e FIlippo Schemoz ha costituito il dipartimento calcio in seno all'organizzazione. Se dai costi della rosa dipendono i risultati sportivi, infatti, quest'ultimi sono il primo fattore determinante delle performance finanziarie. La correlazione fra performance sul campo e di bilancio è destinata ad aumentare con l'avvento della nuova Superchampions League che, incrementando gli introiti Uefa, acuirà il divario economico fra i club partecipanti ai tornei europei e quelli esclusi. La prossima introduzione del Salary Cap da parte dell'ente di Nyon consentirà poi alle società di spendere per il personale tesserato una quota decrescente dei ricavi. Il tetto definitivo si attesterà al 70% del fatturato e scatterà a partire dal 2025. Il tempo per allinearsi non è molto: i club italiani non possono tardare ad avviare il percorso di rientro, pena perdere l'accesso alle lucrose coppe continentali. Trovare l'equilibrio fra costi e ricavi, senza scontentare i tifosi, non è però affatto semplice, come dimostrano i miliardi di perdite accumulati in questi anni dai club europei alla ricerca di successi sportivi e di un'espansione commerciale in patria e all'estero. «La pandemia ha messo a nudo fragilità di sistema preesistenti, creando difficoltà economiche a molte società», osserva Mascellaro. «La crisi può però diventare l'occasione per reimpostare le attività su parametri misurabili e sostenibili». A lungo, del resto, il pallone è stato un gioco da Paperoni, più interessati a ritorni d'immagine e d'influenza che ai profitti. Qualcuna di queste proprietà ancora sopravvive. L'interesse di grandi fondi e banche per club e Leghe pare tuttavia suggerire che la finanza abbia ormai deciso di conquistare il campo, imponendo anche allo sport la legge dei numeri. E, benché non sempre come obiettivo primario, persino gli sceicchi mediorientali stanno perseguendo la redditività, costruendo per esempio holding con partecipazioni in società di diversi campionati. «Il calcio non è più affare solo da mecenati, ma un'industria sempre più sofisticata, con un enorme indotto economico e sociale», sottolinea. «Sinora, però, sono mancati i dati per misurarlo e per prevederne l'evoluzione», prosegue, «il Football Strategy Tool intende ovviare proprio a questa carenza, offrendo a istituzioni, Leghe, proprietà e potenziali nuovi investitori un quadro preciso della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dei club». L'assenza di informazioni affidabili, complete e confrontabili rischia altrimenti di costituire un ostacolo insuperabile allo sviluppo del calcio italiano. Sono indispensabili non solo per gestire la cassa, elaborare piani industriali e accedere al credito o altre forme di finanziamento. Ma anche per presentare offerte di acquisto di partecipazioni di maggioranza o minoranza. «La Serie A, la Serie B e i rispettivi club sono da tempo sotto la lente di grandi capitali mediorientali, americani ed europei», rivela Mascellaro. «Questi investitori non sono talvolta disposti neanche a sedersi al tavolo delle trattative senza dati strutturati che diano per esempio conto dei debiti con i fornitori», avverte. «E anche qualora decidano di avviare comunque il negoziato, faticano poi a formulare una proposta economica».Per saperne di più visita la pagina dedicata

  • Marketing & Sales

Global and Italian M&A Trends 2022 e Outlook 2023: in Industrial Manufacturing & Automotive Sectors

Portfolio optimisation, divestitures e investimenti strategici (specialmente Tech e ESG-related) saranno in cima all'agenda dei CEO nel 2023.“Portfolio optimisation e divestitures guideranno le attività M&A nel settore IM&A a livello mondiale nei primi sei mesi del 2023. La seconda metà dell'anno potrebbe mostrare una normalizzazione delle condizioni di mercato, con la riapertura del mercato IPO e un aumento dei tech-driven deals”. Nicola Anzivino, Global & EMEA Deals IM&A Leader, IM&A Advisory Leader Italy, Partner PwC Italia.Si prevede che il 2023 sarà caratterizzato da un approccio più disciplinato alle fusioni e acquisizioni nei settori manifatturiero industriale e automobilistico (IM&A), mentre i dealmaker devono affrontare il difficile contesto macroeconomico. Venti contrari come il rallentamento della crescita del PIL, il conflitto Russia-Ucraina, la crisi energetica e l'aumento dei tassi di interesse e dell'inflazione hanno portato a un ripristino delle attività di M&A nel 2022 riportandole ai livelli pre-pandemia.“L'attenzione dei dealmakers nel settore IM&A si sta spostando verso investimenti strategici in know-how e servizi. Questa tendenza, unita a carve-out e disinvestimenti risultanti dalle portfolio reviews, guiderà le transazioni per tutto il 2023, superando le attuali difficoltà a livello macroeconomico”. Max Lehmann, Strategy & Value Creation, IM&A Deals Leader, Partner PwC Italia.Nonostante le turbolenze del mercato, le società dei settori IM&A con solidi bilanci continueranno probabilmente ad essere attive nelle fusioni e acquisizioni. Le difficoltà macroeconomiche spingeranno i CEO ad effettuare attente revisioni strategiche delle loro attività per decidere su quali business unit continuare a investire e su quali disinvestire considerando sia il valore di mercato degli asset sia le priorità e gli obiettivi di lungo periodo dell’impresa. Possono cercare opportunità per unire le imprese per raggiungere la scala e limitare l'erosione dei margini dovuta alla volatilità dei prezzi delle materie prime e all'aumento dei costi energetici, soprattutto in Europa. Le continue interruzioni della catena di approvvigionamento favoriranno probabilmente le integrazioni verticali per garantire l'accesso ai fornitori chiave e alle materie prime, contribuendo a una tendenza accelerata delle imprese che convergono in diversi settori.Ci aspettiamo che le imprese del settore effettueranno anche integrazioni verticali per migliorare la resilienza delle loro supply chain al fine di assicurarsi le forniture chiave per continuare a crescere.La trasformazione digitale e cloud renderà la cybersecurity un aspetto cruciale per tutti i settori IM&A, specialmente per il settore aerospace & defence perché è influenzato in modo significativo dall'evoluzione tecnologica e dalle sfide del mondo cibernetico.Per saperne di più visita la pagina dedicata

  • Finance

Pegno mobiliare non possessorio

Approvate le norme tecniche che agevolano l’accesso al credito per le imprese italianePubblicate, il 23 Gennaio 2023 sulla Gazzetta Ufficiale n. 18, le norme tecniche, già emanate dall’Agenzia delle Entrate, che completano il lungo processo necessario ad avviare l’operatività del pegno mobiliare non possessorio.Il pegno mobiliare non possessorio costituisce una delle innovazioni più interessanti e potenzialmente più rilevanti da un punto di vista pratico degli ultimi anni in materia di garanzie del credito.Affinché si giunga alla piena operatività del pegno non possessorio si attende soltanto la pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate di apposito comunicato che indichi la data di attivazione del Registro dei Pegni; a partire dal giorno successivo a tale pubblicazione potranno essere presentate le formalità di iscrizione di un pegno.Il contratto costitutivo del pegno in commento dovrà risultare, a pena di nullità, da atto scritto ed indicare, tra l’altro, il creditore, il debitore, la descrizione del bene e l’importo massimo garantito. La natura rotativa della garanzia non possessoria costituisce ulteriore elemento di rilievo: di fatti, in assenza di accordi differenti e nel rispetto della destinazione economica, il debitore può liberamente disporre, alienare o trasformare l’oggetto della garanzia. Laddove tale circostanza si concretizzi, senza che si producano effetti novativi sul rapporto sottostante, il pegno si trasferisce automaticamente sul prodotto di tale trasformazione. La garanzia in esame quindi risulterebbe particolarmente flessibile, riconoscendo un ampio margine all’autonomia negoziale delle parti, discostandosi in modo più o meno significativo dal modello tradizionale codicistico ed assumendo, talvolta, a seconda di quanto stabilito di volta in volta dalle parti, sfaccettature anche molto divergenti tra loro.Di certo questo innovativo strumento, che presenta caratteri di somiglianza con l'istituto anglosassone del c.d. "Floating Charge", consacrerà la circostanza che lo spossessamento, da elemento naturale, imprescindibile e necessario ai fini di una valida costituzione di un pegno, sarà sempre più degradato ad una delle varie modalità tramite le quali si può ottenere la conoscibilità della garanzia da parte dei terzi, principale scopo della dazione di un bene in pegno.Per saperne di più visita la pagina dedicata

  • Finance

Normativa nazionale – Tutela della clientela bancaria

Modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali.Banca d’Italia ha pubblicato una comunicazione relativa alle “Modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali motivate dall’andamento dei tassi d’interesse e dell’inflazione”.Nella comunicazione si invita le banche a prestare particolare attenzione nel proporre modifiche contrattuali a sfavore dei clienti basate sull'andamento dell’inflazione, sollecitandole anche a valutare una revisione delle manovre effettuate in passato giustificate dall'andamento decrescente dei tassi, alla luce del loro incremento.In tal senso, ha infatti sottolineato che l‘aumento dei tassi di interesse avviato dalla Banca Centrale Europea lo scorso luglio potrebbe avere effetti positivi sulla redditività complessiva dei rapporti tra le banche e i loro clienti e questo potrebbe compensare l’aumento dei costi indotto dall’inflazione.In conclusione, l’Autorità ricorda che nel caso di modifiche unilaterali dei contratti, il cliente ha sempre diritto di recedere dal contratto senza spese valutando le offerte più convenienti provenienti dal mercato.Banca d’Italia in passato ha già sensibilizzato gli intermediari sul tema delle modifiche unilaterali dei contratti; si vedano in tal senso le Comunicazioni di ottobre 2014 e di aprile 2017 aventi, rispettivamente, ad oggetto “Modifiche unilaterali dei contratti bancari e finanziari. Obblighi degli intermediari e diritti dei clienti” e “Modifiche unilaterali dei contratti bancari e finanziari. Obblighi degli intermediari, diritti dei clienti, ruolo dell’autorità di vigilanza”.Resta fermo che, in un’economia di mercato, la fissazione delle condizioni economiche dei beni e servizi offerti rappresenta un elemento centrale delle libere scelte imprenditoriali. In ogni caso, in presenza di modifiche unilaterali, la clientela ha sempre il diritto di recedere dal contratto senza spese entro la data di entrata in vigore delle nuove condizioni, valutando anche offerte più convenienti di altre banche.Per saperne di più visita la pagina dedicata

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