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Esclusione delle società FTSE MIB dallo split payment a decorrere dal 1° luglio 2025

A partire dal 1° luglio 2025, le società quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana, identificate ai fini IVA, non saranno più soggette al meccanismo della scissione dei pagamenti (split payment). Questa novità deriva dall’abrogazione della norma che le includeva tra i soggetti destinatari del regime (art. 17-ter, comma 1-bis, lett. d) del DPR 633/1972), disposta dal Decreto-Legge 17 giugno 2025, n. 84.Il cambiamento si inserisce nel quadro dell’attuazione della Decisione di esecuzione (UE) 2023/1552, con cui l’Unione Europea ha autorizzato l’Italia a prorogare lo split payment fino al 30 giugno 2026, ma ha richiesto, tra le condizioni, l’esclusione delle operazioni effettuate nei confronti delle società FTSE MIB a partire dal luglio 2025.In origine, l’Italia aveva chiesto di mantenere inalterato lo split payment, ritenendolo utile per contrastare l’evasione IVA grazie ai controlli incrociati resi possibili dalla fatturazione elettronica. Tuttavia, per rispettare gli impegni assunti a livello europeo, ha dovuto accettare l’esclusione delle società quotate, posticipandone l’effetto al 1° luglio 2025.Per i fornitori delle società FTSE MIB, questa modifica avrà impatti operativi concreti. Dalla nuova data, le fatture emesse verso queste società dovranno essere gestite con le regole ordinarie IVA, a meno che non si tratti di casi in cui si applica il reverse charge o altre esenzioni.In particolare:Nella fattura elettronica non dovrà più essere riportato il codice “S” nel campo “esigibilità IVA”;L’IVA addebitata andrà versata dal fornitore e rientrerà nella sua liquidazione periodica;La società committente pagherà l’IVA al fornitore e potrà esercitare il diritto alla detrazione secondo le regole generali.Per saperne di più visita la pagina dedicata

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Pubblicata la ricerca PwC Global AI Jobs Barometer 2025

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Pubblicata la ricerca PwC Global AI Jobs Barometer 2025

Dalla diffusione su larga scala dell’intelligenza artificiale generativa nel 2022, i settori più esposti a questa tecnologia, come la finanza e il software, hanno registrato un notevole aumento di produttività: quasi quattro volte superiore rispetto agli anni precedenti. Se tra il 2018 e il 2022 la crescita si fermava al 7%, tra il 2018 e il 2024 ha raggiunto il 27%. Nei settori meno coinvolti dall’AI, come l’industria estrattiva o l’ospitalità, invece, la produttività ha subito un lieve calo.Anche dal punto di vista economico, le aziende dei settori più impattati stanno beneficiando maggiormente: il fatturato per dipendente cresce a un ritmo tre volte superiore rispetto agli altri comparti.Contrariamente a quanto si temeva inizialmente, l’AI non sta togliendo posti di lavoro: al contrario, tra il 2019 e il 2024 l’occupazione nei ruoli legati all’intelligenza artificiale è aumentata del 38%. Questo vale sia per i ruoli automatizzati, dove alcune attività sono svolte direttamente dall’AI, sia per quelli “potenziati”, nei quali l’intelligenza artificiale supporta il lavoratore, rendendolo più efficiente. Proprio questi ultimi sono quelli che stanno crescendo più rapidamente.Anche i salari stanno seguendo questa tendenza positiva: nei settori dove l’AI è più presente, gli stipendi crescono il doppio rispetto agli altri. Inoltre, chi possiede competenze specifiche in ambito AI può contare su retribuzioni nettamente superiori: nel 2024 il cosiddetto “premio di produzione” ha raggiunto in media il 56%, rispetto al 25% dell’anno precedente.Un altro dato interessante è che, nonostante il calo globale degli annunci di lavoro, quelli per posizioni che richiedono competenze AI sono aumentati del 7,5%. Tuttavia, il ritmo del cambiamento resta alto: le competenze richieste in questi ruoli si stanno evolvendo molto più velocemente (+66%) rispetto al passato, e questo impone a lavoratori e aziende uno sforzo costante di aggiornamento.In linea con questa trasformazione, la richiesta di lauree da parte delle aziende è in calo, in particolare nei ruoli legati all’AI: tra il 2019 e il 2024, la percentuale di offerte di lavoro che richiedono un titolo di studio universitario è scesa del 7% nei ruoli potenziati e del 9% in quelli automatizzati.Infine, emerge un dato significativo sul piano dell’inclusione: nei ruoli esposti all’AI ci sono più donne che uomini, il che sottolinea l’importanza di programmi di formazione e aggiornamento mirati anche dal punto di vista della parità di genere.Secondo il Global AI Job Barometer di PwC, le imprese che vogliono sfruttare al massimo le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale dovrebbero adottare cinque strategie chiave:Usare l’AI per ripensare i modelli di business;Considerarla una leva di crescita, e non solo un mezzo per migliorare l’efficienza;Investire in sistemi di Agentic AI, capaci di operare con una supervisione minima;Formare adeguatamente i propri dipendenti per affrontare le nuove sfide;Rafforzare la fiducia interna nell’uso delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale.Per saperne di più visita la pagina dedicata

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Nota di aggiornamento sui Dazi e misure fiscali USA – Maggio 2025

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Accordo sulla Sicurezza Sociale tra Italia e Albania: firmate le intese amministrative

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La compensazione pagata da un ente locale per servizi di trasporto pubblico a prezzo calmierato non è soggetta a IVA se non incide direttamente sul prezzo del biglietto

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Il private equity accelera la crescita delle imprese italiane, lo studio di PwC

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