Andrea Mangia di Mangia's

Chief Financial Officer

Quanto PwC ha influito sul tuo processo di crescita personale? 


PwC è stata senza dubbio l’esperienza che più ha forgiato, e in positivo, la mia crescita professionale, elemento che necessariamente caratterizza la sfera personale. In poche parole, è stata una sorta di estensione degli studi universitari magistrali, svolta però ad altissimo livello e contestualizzata in operazioni di Corporate Finance complesse. Il tutto poi in un periodo particolare, quello della crisi post-Lehman del debito sovrano, lo spread a 575 punti base, il “whatever it takes” di Draghi, la parziale ripresa ed il quantitative easing, tutti elementi che hanno caratterizzato i mercati finanziari e quindi l’economia reale, quella che PwC supporta tramite la sua offerta multidisciplinare. 


Dopo la pandemia come è cambiato il modo di viaggiare? Di cosa ha bisogno il settore e quali sono i trend?


Il modo di viaggiare è cambiato in due elementi che, paradossalmente, lo precedono: la consapevolezza che il viaggio è un bene che può essere considerato primario, con relativa inelasticità della domanda rispetto al prezzo (si vedano i picchi di ADR 2021 e di Total Revenues del 2022 a livello europeo), e nei tempi di prenotazione: se prima della pandemia si programmavano le vacanze con mesi di anticipo, oggi la booking window si è ridotta a qualche settimana al massimo, rendendo più volatile e complessa l’attività di pianificazione operativa e finanziaria nel settore dell’hospitality. Per quel che riguarda invece i bisogni del settore, sicuramente la necessità di capitale istituzionale sulla parte real estate – settore dove si sono fatti grandi passi negli ultimi anni ma che vede ancora molto indietro l’Italia – e di soggetti in grado di dialogare con questo capitale istituzionale a livello di Management Company. Se posso dire il nostro obiettivo, come Mangia’s, è proprio quello di diventare il partner ideale del capitale istituzionale per la gestione di strutture leisure a livello Europeo.


Si parla sempre più di sostenibilità anche nel turismo e nelle strutture alberghiere. Come sta cambiando il settore? Guardando al vostro gruppo, cos’è per voi la Sostenibilità e quali iniziative state portando avanti?


La sostenibilità, nell’hospitality come del resto in molti settori, può essere oramai considerata condizione necessaria ma non sufficiente per destreggiarsi con successo nell’arena competitiva. Sia lato mercato dei capitali, debito o equity, sia lato B2B o B2C, i temi ESG rappresentano un fattore rilevante e che è necessario aggiungere alla strutturazione della propria value proposition. Il nostro gruppo ha intrapreso un percorso già nel 2022, forte anche del supporto e della visione strategica dei nostri partner finanziari, Blackstone e Hotel Investment Partner, per certificare i risultati raggiunti. Abbiamo creato un team multidisciplinare, guidato dal nostro Chief Innovation Officer, Ugo Parodi, e nel corso del 2023 porteremo all’interno del board la carica di Head of ESG. I prossimi passi operativi, sanno la certificazione Breeam del nostro real estate, mentre a livello di management company ci indirizzeremo verso il GRESB e il Get it Fair, quest’ultimo strumento molto importante in quanto non solo autocertifica, ma è un vero e proprio risk management tool nel settore ESG.


Carenza di personale nel turismo: come rendere più attrattivo il lavoro? 


Se si osservano le serie storiche dalla Prima Guerra Mondiale in avanti si nota una cosa sorprendente, soprattutto se si pensa all’agenda politica di alcuni partiti a livello europeo: esiste una correlazione positiva statisticamente significativa tra immigrazione e crescita del PIL. Si pensi agli Stati Uniti, Melting Pot per eccellenza, il Regno Unito con il Commonwealth, la Francia con le colonie africane, la Germania in passato fortemente legata alla Turchia ed oggi catalizzatore della maggior parte dei flussi migratori di europei e, perfino, la Svizzera con il 39% di popolazione immigrata. Ecco, diventare un sistema paese che attrae l’immigrazione e, soprattutto, la trasforma in fattore di crescita di natalità e quindi economica è uno degli elementi che potrebbe combattere la carenza di forza lavoro in tutti settori.


Di recente avete chiuso una joint venture con una grande catena internazionale. Come tutelare il made in Italy in un contesto di sviluppo internazionale? 


Stiamo parlando di leader mondiali nel settore dell’hospitality e, soprattutto, soggetti altamente specializzati e sofisticati. Le loro strategie, come la nostra, puntano sulla “localness”, ovverosia una value proposition che sposa le tradizioni del territorio di riferimento e, quindi, nel nostro caso l’italianità, che è elemento fondante del nostro brand.


Quello del food è uno dei settori più attrattivi e rappresenta una delle leve fondamentali del comparto turistico in Italia. Come questo si inserisce nella vostra strategia per la valorizzazione del territorio? 


Abbiamo lavorato tantissimo per strutturare una offerta F&B attrattiva, capace di legare tradizione ed innovazione, sotto il comun denominatore dell’italianità. In questo, grand lavoro di un ex-alumno PwC, Giovanni Lodato, nostro Head of Asset Management. Basti pensare che siamo passati da 15 a 60 ristoranti, a parità di perimetro. Ovviamente è cambiato il concetto, al main buffet tipico dei resort, sono sorti per struttura soluzioni tematiche, gourmet ed à la carte, capaci di mettere al centro del nostro progetto l’esperienza F&B.


Come pensi si svilupperà il vostro progetto nei prossimi anni? A quali mercati guardate?


L’obiettivo numero uno è far crescere la nostra management company, offrendo al capitale istituzione detentore del real estate una one-stop-shop boutique, capace di gestire hotel leisure generando above-average returns ed offrendo anche servizi di general contractor, per la ristrutturazione integrale degli asset. Siamo concentrati sull’Italia, cresciuti in patria, inizieremo a guardare all’estero. Anche se saremmo già pronti per farlo…


Qual è la sfida professionale più interessante che hai affrontato?


Il passaggio dall’Advisory al ruolo Corporate è stato un grande salto, ma tutti gli strumenti che ho avuto modo di apprendere durante i precedenti 10 anni, sono stati fondamentali. La sfida professionale è stato il dual track che abbiamo fatto e che ho gestito direttamente tra IPO ed operazione di PE, percorso poi concluso con la JV con Blackstone.


Cosa ti aspetti dalla Community e quale valore aggiunto pensi possa darti? 


Come sempre, da PwC mi attendo di imparare, di crescere, di generare opportunità di business e di relazione. Sono sicuro sarà un successo e sono fiero di farne parte.


 

 


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