Lo sviluppo delle FinTech: criticità e principali evidenze
Marco Folcia, Partner PwC Italia
Marco quali sono le principali evidenze che emergono al 5° Osservatorio Fintech?
La collaborazione fra finanza tradizionale e FinTech è uno dei fenomeni che stanno caratterizzando il settore, certificato da alcune analisi che confermano come i modelli collaborativi abbiano maggiori possibilità di generare valore e sinergie rispetto ai modelli alternativi.
I modelli di business delle FinTech, nell’arco di questi ultimi anni, hanno conosciuto una sostanziale evoluzione. Se, inizialmente, queste aziende si proponevano solo come alternativa al sistema finanziario tradizionale, oggi si possono distinguere gli operatori definiti “indipendenti” che offrono servizi anche in aperta concorrenza con i soggetti finanziari e quelle FinTech che operano in “una logica di ecosistema” con gli intermediari finanziari e integrano la propria offerta con quella delle aziende partner per offrire prodotti/servizi specialistici, ampliare i canali distributivi innovativi o intercettare nuove fasce di clientela.
Possiamo così riassumere lo scenario italiano: il mercato del FinTech in Italia ha superato complessivamente quota 882 milioni di euro con una crescita del 240% degli investimenti effettuati dai Venture Capital rispetto all’intero volume di finanziamenti distribuito nel 2021. Escludendo i mega-round, il mercato evidenzierebbe una stabilità rispetto ai valori dell’anno precedente, allineandosi alle tendenze globali. La crescente enfasi sui mega-deal riflette invece la consuetudine dei VC stranieri a selezionare startup che scalano più rapidamente e che adottano modelli di business distintivi e meno soggetti alla competizione. In linea generale è chiaro come la qualità delle Fintech nazionali e la maturità degli imprenditori che creano nuovi modelli di business abbiano attratto sia fondi esteri sia operatori nazionali tipicamente restii a questi investimenti.
Quali criticità avete rilevato nei trend di sviluppo delle FinTech?
Se da un lato questa situazione di mercato ha favorito la nascita di numerose FinTech (sono più di 600 quelle attive in Italia nel 2022), dall’altro ha generato operatori talvolta poco distintivi. Questi casi di successo dimostrano che, per avere impatto su organizzazioni complesse, le FinTech devono possedere capacità di integrazione con i modelli di funzionamento dell’incumbent e non farsi condizionare dai processi organizzativi e di governance interni, intervenendo su ambiti funzionali, tecnologici o di mercato molto specifici.
Come sono distribuite le startup Fintech in Italia?
Il 79% delle startup Fintech con headquarter in Italia ha sede nel Nord, a conferma del gap esistente fra le diverse aree del Paese (rilevazioni Pitchbook 2022), e Milano è al primo posto per imprese Fintech, vantando sul proprio territorio il 54% delle presenze a livello nazionale, concentrando il 70% degli investimenti e confermando la propria vocazione di piazza finanziaria di riferimento per il mercato.
Passando ora ai segmenti più maturi, qual è lo scenario attuale?
L’ecosistema Fintech italiano vede alcuni settori più maturi - Digital Payments, Lending e Insurtech e altri – Asset & Wealth Management, RegTech, Capital Market & Trading e Open Banking – ancora in fase di iniziale sviluppo.
Parlando di Digital payments il settore è oggetto di una trasformazione che porterà i tradizionali strumenti/servizi a convergere verso un’offerta completamente rinnovata in termini di modelli di business (vedi trend emergenti come il “Buy Now Pay Later”) e processi operativi, continuando a catturare l’attenzione degli investitori e proseguendo nel percorso di consolidamento e di crescita già avviato negli anni precedenti, a conferma della grande attrattività del comparto nell’industria finanziaria.
Il settore ha registrato la chiusura di diversi round da parte delle Fintech e il suo dinamismo è confermato anche dal costante aumento del numero dei nuovi player entranti: nel solo biennio 2021-2022, in Italia risultano autorizzati 59 operatori, di cui 30 di derivazione non bancaria.
Se osserviamo il Lending, sebbene l’incertezza del contesto economico, le Lending Fintech italiane continuano ad evidenziare una dinamica di sviluppo importante e in modo particolare per i finanziamenti erogati alle imprese, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni, che hanno superato nei primi sei mesi del 2022 i 2 miliardi di euro e registrato un salto in avanti del 49% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Inoltre, il crescente numero di partnership fra Fintech e banche, spesso promosse da queste ultime per accelerare il processo di trasformazione della propria infrastruttura IT, è stato anche uno dei driver della crescita del settore Lending negli ultimi due anni.
Infine l’Insurtech, dopo la crescita accelerata degli scorsi anni per numero di start up attive (a fine 2021 erano 120 secondo la rilevazione del Politecnico di Milano), la curva di sviluppo del comparto Insurtech ha iniziato a flettere nel corso del 2022 principalmente per due motivi: la diminuzione di investimenti finanziari in soluzioni Insurtech da parte delle compagnie assicurative tradizionali - che stanno intensificando l’internalizzazione di progetti di trasformazione digitale, acquisendo le competenze necessarie dal mercato o attraverso partnership con startup già affermate per ridurre i rischi di implementazione di nuove soluzioni -; e il consolidamento delle start up Fintech già attive sul mercato.
Cosa possiamo aspettarci dal futuro?
Attraverso l’Osservatorio Fintech 2023 di PwC Italia, abbiamo rilevato i segmenti del mercato Fintech più maturi in termini di sviluppo del business e delle collaborazioni con gli intermediari finanziari. È certo che nuovi segmenti di mercato stanno crescendo, come quello delle Fintech in ambito ESG o quello delle piattaforme/soluzioni di Intelligenza Artificiale per l’automazione dei processi di customer care, KYC, credit scoring. Sono segmenti che rappresentano un trend in divenire, pur non avendo ancora raggiunto track record o massa critica (es. volume di fatturato o collaborazioni instaurate) sufficienti a permettere oggi un’analisi approfondita.
Altre interviste
Ernesto Iaccarino di Ristorante Don Alfonso 1890
Da promessa della revisione in PwC ad una vita in cucina: il tuo è un percorso bizzarro. Ce lo puoi raccontare?Si certo, sembra proprio un percorso bizzarro ma non lo è stato per me. In realtà è stato tutto molto naturale. Fin da bimbo aiutavo in azienda paterna, dividendomi tra cucina e sala, e studiavo. Finito il liceo avrei potuto scegliere se andare all’università o entrare in azienda di famiglia. Ma poiché a scuola non andavo male, i miei hanno spinto perché continuassi . Quindi decisi di fare Economia e Commercio alla Federico 2° di Napoli. Ed anche all’università continuavo a lavorare quasi tutti i weekend nel ristorante di famiglia. Finita l’università , il giorno dopo, mentre mi facevo la barba , mi sono detto ed ora ? Cos’hai imparato in questi anni di università? Beh mi sono reso conto che non potevo rientrare in azienda perché si, forse ,avevo imparato a studiare. ma non avevo nessuna esperienza di lavoro . Ed allora decisi di fare Audit per finalizzare i miei studi. Dopo due anni alla PWC ero pronto per rientrare in azienda.Iaccarino: un cognome, un destino. Tu rappresenti la terza generazione della tua azienda famigliare: spesso viene considerato un passaggio cruciale. Come hai gestito il rapporto con i tuoi predecessori? Quali novità hai apportato in termini di innovazione? Beh, penso che il passaggio sia delicato , ovvio, ma se hai due genitori intelligenti come Livia ed Alfonso , che ti permettono anche di sbagliare, allora penso sia più facile. Sai l’innovazione, l’evoluzione è fondamentale per qualsiasi azienda ed il cibo è da sempre evoluzione. Quando torno dalla Nuova Zelanda , dove abbiamo una consulenza, inizierò a lavorare su una macchina rivoluzionaria per le cotture. Una macchina che cucina con gli ultrasuoni. Non è detto che mi soddisferà, vedremo. Il cibo è evoluzione, ma è anche identità , è cultura di un popolo. C’è una frase molto bella di Eleanore Maguire : “ Chi dimentica il passato non riesce neppure ad immaginare il futuro”.Come l’esperienza in PwC ti ha aiutato?Innanzitutto in PWC crei amicizie che ti durano una vita, e questo già di per se è un valore assoluto. Poi l’idea stessa della partnership , mi ha aperto un mondo. Quest’idea di partire come dipendente e diventare partner mi ha sempre affascinato. Per cui mi sono detto , perché non farlo anche noi a S Agata? Quindi inizi ad investire sulle persone, crei persone che ti possano sostituire e quando sono pronte per fare gli chef , li mandi a fare i responsabili dei ns ristoranti all’estero ed in italia.E poi c’è il discorso del tuo background personale , che PWC aiuta a formare. Oggi mi capita di parlare con Oligarchi russi , tycoon cinesi o sultani e se a tavola si parla di politica o di economia , ecco diciamo che riesci a stare a tuo agio anche fuori dai fornelli.C'è sempre maggior attenzione alla qualità dei cibi e alla loro identità: come gestite questo aspetto sia nei vostri ristoranti sia nei prodotti della vostra azienda agricola? Il cibo sta diventando sempre più intrattenimento, esperienza da vivere come quando si va a teatro, dove la spettacolarizzazione e la provocazione fanno parte dello show,ma i contenuti debbono rimanere un riferimento assoluto, ancor più che per uno scrittore o per un giornalista, perché noi siamo ciò che mangiamo. Il cibo è la benzina del nostro corpo. Dobbiamo creare ancora di più una cultura del buon mangiare in Italia. A volte siamo disposti a spendere 1000 euro per un telefonino e vogliamo invece risparmiare sul cibo. Su questo il nostro Paese penso debba fare una riflessione. Noi per fortuna in Italia abbiamo ancora gli artigiani che producono incredibili ingredienti , dobbiamo sostenerli pagando il giusto prezzo per il loro lavoro. Ecco un ruolo importante del cuoco, deve essere come un guardiano a difesa dei piccoli produttori e dei prodotti d’eccellenza, portandoli all’attenzione del pubblico e valorizzandoli in cucina. Partendo da questa idea di cucina , è stato naturale costruire la nostra azienda agricola biologica dove produciamo la maggior parte delle verdure e della frutta che utilizziamo al Don Alfonso e l’olio extravergine di oliva.Quando andiamo all’estero , partiamo sempre dal lavoro sulle materie prime. Usiamo anche i prodotti del Paese in cui andiamo, ovviamente. Ero a Toronto un mese fa, per una nuova apertura, ho assaggiato un bisonte biologico, mi sono innamorato e l’ho metterò in carta. Dove non abbiamo prodotti di qualità, organizziamo la logistica dall’Italia con tutto quello che ci serve.Avete mai pensato, se non lo state già facendo, di veicolare i vostri prodotti attraverso la GDO? No. Abbiamo ingredienti incredibili, ed artigiani che li interpretano al meglio, abbiamo tradizioni in cucina. Tutto questo rappresenta un patrimonio da difendere, ma non dobbiamo mai dimenticare che la cucina è evoluzione da sempre. E su questo potrei fare mille esempi, ma ne scelgo uno su tutti. Il Pomodoro non esisteva in Europa, solo dopo la scoperta dell’ America inizia ad arrivare da noi, solo nel 1700 si è iniziato ad utilizzare in cucina. Nel 1700 era un prodotto nuovo, oggi fa parte della nostra tradizione consolidata.Come proteggere la cultura del cibo e la filiera del made in Italy nel mondo?La tracciabilità degli ingredienti può essere una soluzione. Conosco produttori di pasta che usano solo grani italiani e li tracciano. Se lo facessimo su tutti i prodotti e tutto ciò fosse poi reso pubblico, sia in Italia che all’estero, allora si che potremmo parlare di protezione.Se dovessi dare dei consigli a giovani chef per il futuro, cosa diresti loro?I giovani d’oggi non hanno più fame, a parte ovvie eccezioni, per fortuna. Ho un bimbo di 4 mesi e la prima cosa che gli dico ogni mattina è : “ non mi interessa che tu sia bello, non mi interessa che tu sia intelligente, devi avere fame, devi imparare a soffrire, senza I sacrifici non si va da nessuna parte”. Qual è la sensazione che ancora oggi provi quando ti metti ai fornelli?E’ un po’ come scendere in campo. C’è l’adrenalina, c’è la concentrazione ma soprattutto la voglia di divertire e divertirsi. Dove ti vedi fra 10 anni?Penso ancora in cucina.
Marcello Albergoni di LinkedIn Italia
Come si diventa il numero 1 di LinkedIn Italia?Fare carriera nel mondo del lavoro è qualcosa che richiede tanto tempo e impegno. Indubbiamente posso dirvi che tutte le esperienze fatte durante il proprio percorso lavorativo contribuiscono al successo, perché ti formano non solo dal punto di vista professionale, ma come uomo in genere. Prima di iniziare la mia avventura in LinkedIn, ho lavorato come Senior Manager in PwC Italia, sviluppando progetti in ambito Business Intelligence Solutions. Nel 2011, dopo una serie di colloqui intensi, ho iniziato il mio percorso in LinkedIn Italia, diventando così il primo dipendente in Italia. Con l’evolversi del mio percorso professionale ho avuto modo di constatare che la caratteristica essenziale per farsi strada nel mondo del lavoro è senza dubbio la motivazione, ed è proprio questa che mi ha portato a diventare il Country Manager LinkedIn Italia. Così ho iniziato il lavoro più bello del mondo dando l’opportunità ad ogni professionista di sentirsi realizzato a livello professionale ed economico. Ho imparato tanto dalle persone attorno a me e sono diventato parte integrante di questo razzo lanciato nello spazio che cresce di 2 nuovi iscritti al secondo.Come l’esperienza in PwC ti ha aiutato?Ricordo con piacere l’esperienza vissuta in PwC. Questa è una realtà che valorizza i talenti e, se hai voglia, puoi anche adottare sul lavoro un approccio imprenditoriale. È proprio così che ho costruito una rete di relazioni che insieme alla collaborazione, alla lealtà e all’umiltà di saper apprendere dagli altri, ritengo essere essenziale per la crescita, perché al di là delle tecnologie e dell’offerta, gli assets di un’azienda che funzioni sono i talenti. Inoltre in PwC ho imparato a programmare e pensare a lungo termine, cosa che nelle aziende più piccole non succede, aziende in cui si pensa a massimizzare il profitto nel breve termine senza pensare al futuro. Io credo che PwC abbia sempre avuto questo approccio lungimirante, individuando le giuste risorse per ogni progetto e costruendo la squadra con le practises giuste. Con questo approccio in LinkedIn io e il mio team abbiamo raggiunto traguardi importanti. Nel 2011 avevamo 1 milione di iscritti, ora ne abbiamo più di 12 milioni con migliaia di aziende che comprano i nostri prodotti e servizi per affrontare il futuro. Da un lato è quindi l’awareness degli utenti finali che ha fatto crescere il nostro network, dall’altra è la motivazione che ci spinge a dare alle aziende un sistema innovativo che permetta di trovare e attrarre i talenti che servono. Come attrarre e sviluppare i talenti nell’era di LinkedIn? Quali sono le competenze più ricercate dalle aziende italiane?Questo è un tema diventato prioritario, non solo se vuoi vincere, ma anche se vuoi sopravvivere come azienda. Le grandi aziende sono fatte di grandi team che sono fatti di grandi talenti. Quindi se in quanto azienda non si ha la capacità di attrarre e ricercare con le tecnologie a disposizione le persone giuste sicuramente fallirai. In LinkedIn abbiamo un racconto che mette assieme tutti gli step necessari, e suona così: plan – hire – develop - measure.Per portare a bordo le persone giuste bisogna pianificare, avere all’interno un sistema di talent intelligence che permetta di individuare il posizionamento dell’azienda rispetto ai talenti che servono o rispetto alle industry in cui si vuole entrare, le aree geografiche e così via.Superata la fase di planning, si passa alla seconda fase, quella di hiring e portare a bordo i talenti. In tutto questo, dati i circa 610 milioni di iscritti su LinkedIn, è necessario creare la propria reputazione, farsi conoscere, costruire una rete di follower, avere recruiters in azienda che portino a bordo persone, postino jobs e contenuti. Sono necessarie persone che costruiscano un piano editoriale, cosicché i leader aziendali parlino e ispirino le persone a venire da te piuttosto che andare da altri. La competizione, tra l’altro, è trasversale, non è più per industry. Per quanto riguarda il secondo quesito, dalle nostre analisi risulta che i talenti più ricercati sono quelli in ambito di “dati”, ovvero talenti che hanno un background digitale e che sono in grado di trasformare dati ed informazioni in conoscenza e ancora una volta la conoscenza in leadership. Quindi bisogna essere pronti e attrezzati con le soluzioni talent solutions di LinkedIn per portare a bordo le persone. Inserire talenti non è sufficiente, bisogna avere un sistema per svilupparli, ad esempio attraverso dei training. Questa è la terza fase e anche qui abbiamo un sistema che si chiama LinkedIn Learning che permette di individuare le risorse e formarle, cambiare la loro traiettoria di carriera e trasformarle nelle risorse utili alla propria organizzazione. L’ultimo e quarto step è la misurazione, measure, che abbiamo di recente aggiunto grazie all’acquisizione di Glint. Questo è un sistema che permette di analizzare come stanno le persone all’interno dell’azienda. Bisogna permettere ad ogni individuo di sviluppare le proprie competenze, fornendo un percorso che sia il miglior possibile dal punto di vista professionale e infine misurarne la fattibilità. Le skills più richieste sono senz’altro quelle in ambito digitale. Insieme a Microsoft abbiamo appurato che in Italia ci sono circa 150.000 possibilità di lavoro in ambito digital non coperte, contro una disoccupazione giovanile che è sopra al 30%. Quindi la risposta è semplice, noi quali organizzazioni private dovremmo iniziare a formare persone in ambito digitale, quello è il futuro. L’intelligenza artificiale, il machine learning sono i data analyst, i data scientist, che permettono di capire che cosa sta succedendo ad una azienda considerando il volume di dati a disposizione.L’ambiente di lavoro sta cambiando rapidamente. Quale è per te il luogo di lavoro ideale?Abbiamo lavorato intensamente su questa tematica, il ragionamento che sta dietro è: se vuoi attirare talenti, l’ambiente di lavoro si rivela un pezzo importante del “package” che un’azienda mette a disposizione. Per tale motivo l’ambiente di lavoro dovrebbe essere un po' come una casa. Si tratta di un mix di luoghi informali dove le persone danno il meglio di sé professionalmente, ma nello stesso tempo avere la possibilità di rilassarsi nel momento di bisogno. Noi disponiamo di un giardino interno con i limoni, una cantina con i vini, tutti luoghi di riflessione dove fare una pausa, leggere un libro, ascoltare un po' di musica. Abbiamo anche una cucina centrale dove è possibile fare colazione la mattina o trovarti con altri colleghi. Non si tratta però del classico angolo con la macchinetta, o del bar dove fare la fila, che ormai è una cosa obsoleta e non confortevole. Il luogo di lavoro dovrebbe rispondere a tutte le esigenze di chi lo abita. Io sono un big fan dell’ufficio perché stimola la collaborazione, amo anche lavorare da casa, ma sento spesso il bisogno di stare con gli altri, e quando lo faccio è importante avere un ambiente confortevole come una bella sala innovativa per una riunione con clienti; oppure un’amaca se voglio fare meditazione. Quello che le generazioni più recenti cercano è proprio questo. Dunque, anche a scapito di altre cose che tempo fa risultavano interessanti, abbiamo disegnato l’ufficio per le persone che ci lavorano. L’abbiamo usato tantissimo con i nostri clienti, tanto da diventare un veicolo di business e di incontro di notevole impatto. Obiettivi a breve e lungo termine, dove ti vedi fra 10 anni? In LinkedIn. Vorrei rimanerci per sempre, perché sono convinto di avere il lavoro più bello del mondo. Per lo scopo che ha fatto nascere LinkedIn, per la nostra visione, per la nostra missione. La possibilità di poter trasformare la vita di una persona facendo attenzione a ciò che è scritto nel proprio profilo, seguendo le aziende, imparando da altri, e magari un giorno trovando il lavoro della vita. Il lavoro è un pezzo fondamentale della vita di una persona. Io ho questo credo. L’apertura ad un network permette alle persone di imparare da culture differenti, di realizzare contenuti ed apprenderne degli altri. Tutto questo rende mentalmente più aperti e flessibili. Per questo il progetto è così bello, bisogna individuare qual è l’obiettivo aziendale e portare le persone facendole sentire parte di un progetto più grande, realizzando possibilmente i sogni di quelle persone. Perché il lavoro cambia la vita. Il tema vero è che questa azienda è “arrotolata” attorno ad un set di culture e valori che costruiscono la passione e ti fa pensare “vorrei rimanere per sempre qui”. Per noi qui ogni giorno è come se fosse il primo, ancora non ben chiaro il perché, ma probabilmente il motivo sta nella mia vicinanza ai valori e alla cultura di questa azienda. Immagino come potrebbe andare meglio il mondo se tutte le aziende avessero questa capacità di ispirare. Noi abbiamo un concetto di leadership che si traduce in capacità di ispirare gli altri a raggiungere un obiettivo comune nel rispetto della cultura e dei valori aziendali, che è una cosa straordinaria. Ogni volta che incontro negli Stati Uniti il nostro numero 1 mi abbraccia e mi dice “grazie, so che è stato un viaggio lungo” e in un’ora mi informa su quello che succederà nei prossimi 5 anni. Mi ringrazia per quello che faccio in Italia che è una country relativamente piccola per una persona che è seduta negli Stati Uniti. Questa cultura qui, dell’essere apprezzato, dell’essere ben voluto, mi fa pensare.
Lia Treichler di Sudler & Hennessey
Cosa ricordi meglio degli anni in PwC?Parliamo addirittura dei tempi Pw, pre merger con Coopers.In corso Europa eravamo poco più di 60, una grande famiglia: alcuni dei miei migliori amici sono ex PW. Ricordo molto affiatamento, collaborazione e grande timore reverenziale nei confronti dei partner. Ricordo soprattutto Andrea Gargiulo, maestro di eticità, ed Ivo Santambrogio, colui che mi convinse a venire in PW quando avevo già firmato per EY: persone che hanno contribuito a farmi diventare la persona che sono.Da revisore a COO del principale network specializzato nella comunicazione nel settore salute: come è avvenuto questo cambiamento?Un po’ per caso, da sempre in PwC seguivo tutte le agenzie di comunicazione. Mondo affascinante, soprattutto quello del consumer advertising, sicuramente più immediato da comprendere rispetto alla comunicazione nel settore salute, più scientifica e rivolta principalmente alla classe medica. Lavoravo proprio in Sudler mentre ero alla ricerca di una nuova sfida professionale. Stavo per firmare per una banca svizzera, quando una domenica pomeriggio mi chiamò il WW CFO del gruppo e mi fece un’offerta: è arrivato il giorno dopo dagli US e abbiamo firmato. Era una scommessa da entrambe la parti, dato che io non avevo alcuna esperienza operativa nel settore, ma alla fine abbiamo vinto entrambi.In cosa ti ha aiutato l'esperienza PwC?Mi ha insegnato un metodo di lavoro e a lavorare in team. È lì che ho imparato ad identificare immediatamente le problematiche e decidere come affrontarle. Ma soprattutto è in quegli anni che la mia resilienza e capacità di lateral thinking si sono forgiate. Cosa caratterizza l'approccio alla comunicazione nel mondo farmaceutico? Si tratta di un approccio scientifico, in un ambito regolatorio rigido e con differenze significative tra i vari paesi. Le differenti normative locali rendono complesso sviluppare messaggi comunicazionali a livello Regional e Global – che di fatto rappresenta l’attività principale di Sudler Italia – che possano soddisfare i requisiti normativi dei singoli paesi in cui i messaggi verranno utilizzati.La peculiarità della comunicazione nel settore salute – in Italia ed EU - per i prodotti etici (vendibili su prescrizione), è che non ci si rivolge all’utilizzatore finale – il paziente – né al payor – da noi le istituzioni – bensì al prescrittore, ovvero il medico. Triangolazione interessante!La forte base scientifica e la conoscenza degli ambiti regolatori fanno parte del nostro know how ed expertize. Questo ci consente, quando si tratta di comunicazione globale, di competere anche con agenzie US, abituate ad un mercato ove è possibile comunicare direttamente al paziente anche su prodotti etici. Infatti, abbiamo vinto gare indette da clienti basati in US: non semplice da gestire, ma una grande soddisfazione!Quali sono oggi le principali sfide del settore?Analizzandolo dal lato dell’agenzia di comunicazione, uno dei fattori che frena la crescita è la centralizzazione, da parte delle aziende farma, delle attività di marketing a livello global o regional. È per questo che la nostra attività si è diretta sempre più sul mercato internazionale, dove i nostri principali competitor sono in US e UK. In più, ci sono sempre meno prodotti block-buster, conseguenza anche degli alti costi di ricerca, e questo vuol dire contenimento dei budget spesi nella comunicazione e nella medical education. Proprio per questo, un elemento di svolta sarà la AI e l’analisi dei Big data. E noi ovviamente siamo già in prima linea!PwC è molto impegnata sui temi della Diversity & Inclusion, quale è stata la tua esperienza?Nel gruppo Sudler Italia, circa 200 persone, la quota rosa è di circa il 70% e sono presenti 26 nazionalità. Della diversity abbiamo fatto il nostro punto di forza, che ci contraddistingue dalle agenzie competitor di matrice prettamente anglosassone.Oltre a ciò, assieme ad altre senior manager del gruppo WPP in Italia abbiamo lanciato l’iniziativa “WINSPIRE”, avente l’obiettivo di crescere la nuova generazione di leader al femminile. Ciò non consiste solamente nel fornire strumenti alle giovani colleghe, ma soprattutto insegnare ad entrambi i sessi ad interagire e collaborare nel migliore dei modi, sfruttando le peculiarità specifiche e senza prevaricazioni.Un suggerimento per le giovani professioniste che si affacciano al mondo del lavoro?Credere in se stesse e farsi sentire, trovare un proprio stile, che deve essere naturale, ma non per questo meno forte ed efficace. Ricordo ancora una riunione, tanti anni fa: ero l’unica donna ed i colleghi maschi, meno disciplinati e più animosi, per ben due volte mi hanno interrotta coi loro vocioni. Mi sono alzata e me ne sono andata dicendo loro che se non erano disposti ad ascoltare era inutile che io perdessi tempo. Da allora nessuno di loro mi ha mai più interrotta. Ricordarsi che la famiglia ed i figli non sono e non devono essere un freno, le aziende hanno cominciato a capirlo e stanno pian piano provvedendo a creare modalità di lavoro che favoriscano un work-to-life balance migliore. È la qualità del lavoro, e non la quantità, che interessa e deve essere premiata.Dove ti vedi fra 5 anni?Spero di essere a bordo di un catamarano per un fantastico giro del mondo, senza scadenze e limiti temporali!
Gessica Balsamo di Lacoste
Dentro al successo del CoccodrilloCosa vuol dire oggi essere il direttore finanziario di una realtà internazionale?Credo di aver vissuto una profonda trasformazione del ruolo CFO. Al principio della mia esperienza in PwC si cominciava appena a parlare del CFO come un business partner mentre oggi e´una realta´. l’azienda (e tutte le funzioni) attorno ai dati chiave, Un guardiano, una guida e un consigliere allo stesso tempo, per guidare assieme al CEO l’azienda verso il passo successivo. Inoltre ti viene chiesto un coinvolgimento a 360 gradi nel business, dalla definizione della strategia alla identificazione di tutti i possibili fattori esterni e interni che la possano mettere a rischio. Da PwC al mondo della moda. In cosa l'esperienza in PwC ti ha aiutato?Per questo si comincia a fare i primi passi con una sorta di incertezza nella consulenza senza rendersi conto degli strumenti preziosi che ci sta lasciando.Questi sono elementi chiavi di successo per ricoprire posizioni di leadership.Quale il percorso vincente oggi e in futuro per un CFO? Io sono fermamente convinta che oltre alle competenze tecniche, che sono sicuramente una base imprescindibile, il CFO, cosi come l’intera area finance, debba essere parte attiva del business. Continuo a ripetere che l’approccio migliore è ”FEET ON THE STREET” .I direttori finanziari di successo sono curiosi, mettono in discussione le decisioni e con questi continui challenge rendono le aziende più produttive e redditizie. Potrebbe risultare un processo scomodo per la leadership ma di grande impatto. Come la tecnologia (big data, intelligenza artificiale) sta trasformando il ruolo del CFO? Se la tecnologia è un driver essenziale per lo sviluppo del business, cosa devono fare le aziende definire la relazione tra uomo e macchina?La tecnologia è di fondamentale importanza per lasciare spazio ad attività a maggior valore aggiunto di supporto al business. Senza dimenticare che un elevato processo di automazione innalza l’accuratezza del dato su cui verranno prese importanti decisioni di business.Il process improvement non deve rimanere un concetto che rimane sulla carta e la tecnologia sta dando un gran contributo in questo senso.“L’importante è che sia sempre presente il Fair- Play”. Come questo motto di Lacoste si può applicare al vostro business? Abbiamo trasformato questo motto sportivo di René Lacoste in una delle regole per i nostri affari e il nostro comportamento. Noi di Lacoste siamo molto attaccati all'etica e ai valori, e interpretiamo la diversità culturale dei nostri collaboratori e collaboratrici (oltre 40 nazionalità diverse) come una fonte di ricchezza. Siamo in 10000 nel mondo a creare, fabbricare e vendere l'eleganza alla francese e la libertà di movimento! In Lacoste abbiamo stilato un codice di condotta le cui regole si applicano a tutti i collaboratori del Gruppo, al fine di lavorare insieme nel rispetto delle leggi e dell’etica e naturalmente dei valori che ci legano: responsabilità, audacia, collaborazione e attenzione agli altri. I principi e i consigli che contiene tracciano la strada da seguire per adottare un comportamento “fair-play” con lo spirito sportivo che negli anni ha portato al nostro successo!*Moda e sostenibilità: quale è l’impegno di Lacoste nei confronti dell’ambiente?La sostenibilità ambientale e sociale sono tasselli fondamentali per Lacoste. Dove ti vedi fra 10 anni?Vorrei essere in grado di portare con me questo spirito ed essere in grado di cogliere i continui e repentini cambi del mondo del lavoro... e magari chissa finalmente dare il mio contributo “giving back to life” essendo il co-founder un HUB di start-up che abbiano un impatto sociale.A proposito di DREAM JOB da inseguire.
Andrea Giuliodori di EfficaceMente.com
Hai studiato ingegneria e sei appassionato di crescita personale. Sembrerebbero due campi lontanissimi tra loro. Come hai fatto a trasformare una passione in un lavoro di successo?In realtà le due passioni sono meno inconciliabili di quanto potrebbero sembrare. Ciò che mi ha sempre affascinato infatti è la possibilità di comprendere il funzionamento e il miglioramento di sistemi complessi. Se negli studi universitari e nel lavoro da consulente ho potuto approfondire i sistemi industriali, economici, finanziari ed organizzativi, nel mio tempo libero ho continuato a coltivare la passione per il sistema più complesso dell'intero universo: la mente umana. A partire dalla fine del 2008 ho iniziato a condividere questa mia passione per il miglioramento personale attraverso un blog, EfficaceMente.com. Ho sempre scritto i miei articoli spinto dalla voglia di condividere ciò che amavo, senza particolari aspettative. Nell'arco di 2-3 anni però il traffico del sito ha raggiunto centinaia di migliaia di lettori ogni mese e nel momento in cui ho messo a disposizione i primi contenuti a pagamento ho intuito che quella che era nata come una pura passione poteva diventare una vera attività.Da dove è nata l’idea di realizzare EfficaceMente.com?Ricordo l'istante preciso in cui ho ideato il nome del mio sito: era una sera di settembre, stavo tornado a casa dall'Ufficio Milanese di PwC, in via Monte Rosa, ed era qualche giorno che ragionavo su quale sarebbe potuto essere un nome... efficace per il mio blog. Quella sera, finalmente, ho individuato una parola che esprimeva al meglio la mia filosofia di crescita personale e ho registrato il dominio appena rientrato in casa.L'idea di creare un blog in realtà era nata già da diverso tempo: da anni infatti leggevo abitualmente blog di "personal development" americani, ma non avevo mai trovato nulla di qualità in Italiano. Scherzando ogni tanto mi ripetevo: "magari dovrei crearne uno io, sono un sacco di anni che studio questi argomenti e sperimento di tutto". Beh, quando iniziamo a prendere i nostri sogni sul serio possono accadere cose interessanti.Da PwC l’imprenditoria digitale. In cosa ti è stata utile l’esperienza in consulenza?Potrei riassumere il tutto nelle parole: metodo ed esposizione. La consulenza. e in particolare modo PwC, è una scuola fondamentale per chiunque voglia mettere alla prova il proprio potenziale. Per quanto mi riguarda in PwC, nei primi anni di lavoro, sotto la guida del mio manager Cristian Celoria, ho imparato un metodo di lavoro che mi porto dietro tutt'ora e che cerco di trasmettere ai miei collaboratori. Negli ultimi anni di carriera poi, lavorando a stretto contatto con Lino Mastromarino ho avuto la possibilità di essere esposto a tantissimi progetti ed industries diverse che mi hanno permesso di maturare molta esperienza in breve tempo.Gestire efficacemente il proprio tempo per essere più produttivi. Quale è il tuo consiglio?C'è un aspetto che spesso viene trascurato quando si parla di gestione del tempo... il tempo non può essere gestito. Ognuno di noi, dall'analista, al Partner, all'imprenditore ha a disposizione 24 ore, non un minuto in più. L'unica cosa che possiamo davvero gestire sono le nostre decisioni personali....e tra queste, una delle più importanti in assoluto è la scelta di non regalare il nostro tempo e la nostra attenzione alle distrazioni, soprattutto quelle digitali. Nella Silicon Valley infatti ci sono team di ingegneri che lavorano senza sosta per progettare app e servizi in grado di condizionare le nostre scelte e di conseguenza il nostro tempo e la nostra attenzione. Imparare a difenderci è il metodo più efficace per riconquistare il nostro tempo. Sul tema in realtà ci sarebbe molto altro da dire e per chi fosse interessato, ho scritto un intero libro edito dalla Rizzoli intitolato proprio "Riconquista il tuo tempo".Per te quali sono I principi chiave della crescita personale?A partire dal 2008 ho pubblicato più di 600 articoli di crescita personale su EfficaceMente.com. Non è dunque facile individuare solo una manciata di principi chiave e sarebbe riduttivo, anche perché ognuno di noi si trova ad una tappa diversa del proprio percorso e suggerimenti che si adattano ad una persona, non necessariamente possono avere lo stesso valore per un'altra. Tra i 600 articoli di EfficaceMente ce n'è uno intitolato proprio: "I 5 principi chiave della crescita personale", e ho pensato allora di condividervi le riflessioni che vi avevo riportato: "Ecco quelli che sono stati per me i 5 principi essenziali per migliorarmi e raggiungere alcuni degli obiettivi a cui tenevo maggiormente:1. Non procrastinare. Non mi stancherò mai abbastanza di sottolineare l’importanza di sradicare la “rimandite” dalle nostre giornate. Puoi infatti diventare il massimo esperto di “tecnicucce & metoducci” di miglioramento personale, ma finché non ti sporchi le mani, finché non ti scontri con la realtà, tutta questa teoria non ti servirà a nulla. Inizia. Inizia adesso. Sbaglia. Ricomincia. Inizia meglio. Non ti arrendere.2. Concentrati sui piccoli progressi quotidiani. L’idea che qualsiasi traguardo, anche il più ambizioso, possa essere conquistato un piccolo passo alla volta è uno di quei principi di miglioramento che sento profondamente miei. Traggo profonda ispirazione dal sapere che anche il mio obiettivo più ambizioso in fondo è fatto di piccole attività quotidiane e che quelle piccole attività sono l’unica cosa di cui mi devo davvero preoccupare.3. Ricorda che il successo non è mai lineare. Poter conquistare mete ambiziose un passo alla volta non significa però che la nostra crescita sarà lineare. Potremmo farci il mazzo per mesi, o addirittura anni, senza vedere risultati tangibili. Perseverando sulla giusta strada però succede qualcosa di molto interessante: ad un certo punto, quando meno ce lo aspettiamo, l’energia cumulata si sprigiona rapidamente e noi compiamo finalmente il nostro salto quantico.4. Focalizzati sull’essenziale. Molti spesso si fermano ad una lettura superficiale del principio #3. Beh, voglio che ti sia cristallino questo punto: farti il mazzo non ti garantisce un bel nulla. Non è che se ti sbatti sulle attività sbagliate l’universo ti darà un premio di consolazione: scordatelo. Non basta impegnarsi giorno dopo giorno, serve anche impegnarsi sulle attività essenziali, ovvero quelle che contribuiscono realmente a farci progredire verso le nostre mete. Questa è l’essenza del concetto di efficacia: fare poche cose importanti, ogni giorno, ed eliminare tutto il resto.5. Abbraccia il disagio. L’ultimo principio chiave della mia top 5 di miglioramento personale riguarda il disagio e la capacità di accettarlo, anzi abbracciarlo. Non c’è reale crescita fintanto che ci comportiamo come “pulcini da allevamento“. Non a caso nei miei articoli affronto spesso il tema delle frigne e dei frignoni. Non lo faccio per insensibilità o scarsa empatia: sono infatti intimamente convinto che lamentarci ci dreni via energie, energie fondamentali per cambiare la situazione in cui ci troviamo e che non desideriamo.“L’uomo forte soffre senza lagnarsi, l’uomo debole si lagna senza soffrire.” Ruggiero Bonghi.Come tutti i personaggi celebri anche tu ti sei fatto “haters” del web. Come ci si difende dagli attacchi pubblici sui social?Oddio, non mi considero ancora un personaggio celebre, ma sì, ammetto che con un pubblico di quasi 600.00 followers sui vari canali social l'hater è dietro l'angolo. Diciamo che ho un duplice approccio nei confronti di queste persone. Se ho tempo, mi diverto a trollarli (questo ha anche un beneficio "tecnico" in quanto aumenta l'engagement dei nostri contenuti sui social. Se invece sono preso da altri impegni cerco di ricordare a me stesso una semplice frase e passo avanti: “Chi emette giudizi non definisce gli altri, ma sé stesso.”Capita spesso che fra i tuoi articoli citi alcuni personaggi storici famosi. Avendo la possibilità di tornare indietro nel tempo e passare la giornata con uno di questi, chi sceglieresti?L'imperatore Marco Aurelio, senza dubbio. È stato uno dei massimi esponenti della filosofia stoica, una filosofia che negli ultimi anni mi ha affascinato particolarmente.Obiettivi futuri?Fino al 2019 ho gestito EfficaceMente grazie ad un team delocalizzato di professionisti, ad inizi 2020 ho deciso di fare il grande passo e aprire gli uffici della sede Londinese di EfficaceMente che ospiteranno il team locale. Abbiamo grandi progetti per i prossimi 2-3 anni, tra questi i più interessanti riguardano lo sviluppo di progetti offline che si integrino con quelli online e l'internazionalizzazione sul mercato di lingua spagnola e successivamente quello anglosassone.
Stefano Lionetti di TicketOne
TicketOne è oggi il sito leader in Italia per l’acquisto dei biglietti online; cosa vi ha permesso di distinguervi dai vostri competitor?Non esiste un unico fattore di successo, ma una alchimia di componenti. Un contributo fondamentale è stato dato dagli azionisti che hanno investito e creduto nella società. Prima Amfin, che nei primi anni Duemila, nonostante la startup non decollasse e l’entusiasmo per le aziende “.com” fosse ai minimi storici, ne ha impedito il fallimento proprio nel suo momento peggiore. Poi arrivò il gruppo tedesco CTS Eventim, l’attuale azionista, che dal 2007 in poi ha apportato capitali e know-how per poter competere nel ticketing, ma all’interno di un contesto più allargato di filiera dello spettacolo. Il Gruppo, infatti, non solo ha una presenza internazionale con sedi in più di 20 Paesi, ma opera anche nel settore dell’organizzazione degli eventi (promoting) e nella gestione degli spazi per spettacoli (venue). A questo si aggiungono l’entusiasmo e la dedizione dei collaboratori di TicketOne sempre motivati dalla passione per gli aspetti di questo particolare business. Si perdono spesso ore di sonno e si resta sul campo fino a tarda notte, ma lo si fa per un concerto, per un evento di cui tutti parlano, per una partita o per una gara del Moto GP. Nel tempo TicketOne ha sempre puntato sulla propria capacità di innovare e di cambiare, guidando e non subendo l’evoluzione del mercato. Così, da azienda che produceva solo software per le biglietterie automatizzate, ci siamo evoluti, sviluppando le migliori capacità distributive sia sul territorio che su internet. Siamo così divenuti principalmente una rete di distribuzione multicanale con un fortissimo orientamento all’e-commerce. È stato quindi naturale evolvere successivamente nell’ambito del marketing digitale. All’interno di TicketOne opera oggi un reparto che costituisce una vera e propria agenzia di digital marketing che non ha nulla da invidiare ai soggetti professionali presenti sul mercato nazionale: il tutto a beneficio non solo dei nostri clienti organizzatori, ma anche di terzi che si appoggiano a noi per le proprie iniziative, collegandole ai contenuti del nostro inventario prodotti.In cosa l’esperienza in PwC ti ha aiutato?L’esperienza in PwC immediatamente dopo l’università è stata insostituibile e rappresenta ancora oggi un’impronta fondamentale nella mia vita professionale. Ci sono almeno tre aspetti cardine di arricchimento che fanno capo a quel periodo. Quello formativo, con i corsi, residenziali e non, e il costante coaching on the job: una continuazione naturale, ma applicata del percorso di studi. È lì che ho appreso quanto fosse importante non solo imparare, ma continuare ad imparare. Il secondo aspetto è quello esperienziale: avere la possibilità di vedere e vivere dal di dentro quasi 40 aziende in soli tre anni è stato qualcosa di unico. Parliamo di assicurazioni, industrie, finanziarie e società di servizi con caratteristiche e problematiche diversissime e affrontate anche in situazioni particolari, quali ristrutturazioni, cessioni, scorpori e fasi di start-up. Infine, esiste un preziosissimo aspetto che è quello relazionale che accompagna tutti noi Alumni, perché con molte delle persone conosciute in quel contesto siamo sempre rimasti in contatto professionale e personale. Io poi ho avuto il privilegio di lavorare in un gruppo in cui i nomi erano Schiavi, Bassi e Marco Sala. Mi piace ricordare anche l’incontro con Giuseppe Pirola che ho poi incontrato nuovamente dopo molti anni nel mio percorso professionale. A tutto questo devo aggiungere l’importanza dei miei personali valori etico professionali che si sono consolidati nel periodo in PwC, restando poi intatti e costanti lungo tutta la mia carriera.Offrite biglietti per ogni tipologia di evento, ma qual è la categoria che attira maggiormente l’attenzione degli italiani?I concerti live sono sicuramente la tipologia di evento più nota ed evocativa nell’immaginario delle persone. La tendenza delle nuove generazioni si focalizza sia su generi più innovativi, come l’indie e il rap, sia su generi più consolidati, quali il pop italiano e il rock. Anche il tipo di fruizione è rilevante, tant’è che c’è un sempre maggiore afflusso verso i festival estivi, che hanno affiancato i più collaudati concerti negli stadi. La risposta del pubblico è comunque potente e interessata dovunque ci sia passione ed emozione, che sia il concerto del proprio artista preferito piuttosto che la squadra del cuore, una mostra oppure uno spettacolo a teatro o un musical: a seconda dei loro interessi, le persone vogliono vivere un’esperienza fortemente personale. È questa una delle chiavi di successo degli eventi che distribuiamo: in un mondo sempre più virtuale c’è un grande bisogno di recuperare spazi dove le sensazioni e le emozioni riportino al centro la persona. Fedeli a questa nostra concezione di ‘pubblico’, noi ci adoperiamo per creare un’offerta a 360 gradi. Non a caso abbiamo un portale dedicato alla vendita dei biglietti per assistere agli eventi sportivi, una società controllata dedicata al settore museale che gestisce la biglietteria di 5 su 10 dei principali musei italiani e una dedicata alla biglietteria delle sale cinematografiche.La fiducia nei confronti dell'e-commerce è piuttosto variabile. Come invogliate l’utente ad acquistare?Come sono tutelati i dati e le transazioni? L’atteggiamento dei consumatori nei confronti dell’e-commerce si è costantemente evoluto negli ultimi 20 anni. Anche nel nostro Paese, oggi i siti più noti, come ticketone.it, sono apprezzati dagli acquirenti che vivono con la massima serenità l’esperienza d’acquisto. Certo, il percorso è stato lungo. Possiamo vantarci di avere dato un importante contributo a questa evoluzione, con una paziente cura del cliente finale e grazie a un costante lavoro di comunicazione, cercando di essere sempre affidabili e meritevoli di fiducia. In particolare, TicketOne ha arricchito nel tempo l’offerta dei metodi di pagamento accettati sul proprio sito, attivando sistemi sicuri e con una forte reputation sul mercato. La possibilità di scegliere il sistema di pagamento ritenuto più affidabile tra tanti e più adatto alle proprie esigenze si traduce infatti in un maggior senso di sicurezza per l’utente che diventa via via più propenso a concludere la propria transazione online. Oggi sono disponibili su ticketone.it tutti i principali circuiti, che prevedono una trasmissione criptata e quindi sicura dei dati personali e della carta di credito. A questi si affiancano i più importanti digital wallet, quali PayPal e Masterpass, ma anche un sistema per i bonifici e la possibilità di utilizzare la “18 app” per gli eventi culturali. A fianco dei sistemi di pagamento, un trattamento sicuro e ben personalizzato dei dati rappresenta un secondo cardine fondamentale nel rapporto fiduciario con gli utenti. Per la nostra azienda il tema della sicurezza dei dati personali degli utenti è da sempre stato centrale e prioritario, tanto che l’introduzione del GDPR ci è sembrata l’evoluzione naturale di un percorso che stavamo già attuando. Una puntuale profilazione consente oggi agli utenti di TicketOne di scegliere a quali servizi accedere tra quelli di marketing e informativi messi a disposizione dal sito, con la finalità di essere sempre tempestivamente informati sulle opportunità da cogliere nel segmento di intrattenimento preferito.Quali sono stati gli effetti dell’introduzione dei biglietti nominativi? Contrastano effettivamente il bagarinaggio?L’introduzione dei biglietti nominativi ha avuto effetti estremamente negativi, soprattutto sul consumatore finale a causa delle inevitabili e conseguenti complicazioni nell’acquisto, dei costi e delle difficoltà di accesso agli eventi. Ci troviamo oggi a poter contare esclusivamente sulla forte passione del pubblico per far fronte a una legge che può solo portare disaffezione e rinuncia all’acquisto e quindi a partecipare. Il paradosso è che la nuova normativa non contrasta assolutamente il fenomeno del bagarinaggio: i biglietti nominativi consentono, infatti, un facile trasferimento tra persone e un agevole cambio del nominativo dell’intestatario, giustamente introdotto a tutela del consumatore. Così i biglietti a prezzi maggiorati continuano a essere copiosamente venduti sul web perché la nominatività non ne impedisce il trasferimento. Nel frattempo, i divieti e le sanzioni previste dalla legge continuano a non venire applicate. Abbiamo rappresentato queste assurde contraddizioni e inutili restrizioni alla politica, alle diverse istituzioni, nei convegni e sulla stampa, ma nessuno sembra disposto ad ascoltare. Visto che una legge esiste, ma continua a essere violata e disattesa, recentemente abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica, chiedendo che si indaghi sul perché la legge non viene applicata. Più di così non possiamo fare.Quali sono oggi le principali sfide del settore? In che modo pensi che le nuove tecnologie possano contribuire ad una migliore customer experience per l’utente?Il mercato del ticketing si presenta sempre più concorrenziale. La sfida è duplice: da un lato è rappresentata dalla capacità di acquisire una massa critica e diversificata di eventi da vendere che sia anche rilevante per il cliente finale; dall’altro dalla capacità di attrarre, ingaggiare e fidelizzare quest’ultimo portandolo a preferire l’acquisto tramite i propri canali di vendita rispetto a quelli dei competitors. Si tratta in entrambi i casi di avere la capacità di creare e offrire una proposta che crei valore e su cui basare una customer relationship solida e duratura, sia con i clienti B2B (gli organizzatori), al fine di incentivarli a vendere i propri eventi attraverso i nostri sistemi, sia con i clienti B2C (gli acquirenti finali) al fine di tenerli costantemente ingaggiati. E’ qui che la sfida si fa più complessa con un cliente finale esponenzialmente più esigente che si aspetta di ricevere servizi sempre più customizzati sulla base delle proprie esigenze. In questo senso, le nuove tecnologie rappresentano un’opportunità in grado non solo di migliorare la customer experience d’acquisto, ma anche di arricchire l’intero customer journey (“event journey”), estendendolo ben oltre il solo acquisto, così ché la relazione brand-cliente possa evolversi in senso sempre più emozionale e univoco: in una parola, insostituibile. Si pensi solo a titolo esemplificativo alla capacità offerta dalle nuove tecnologie di poter aggregare, disaggregare e analizzare dati provenienti da fonti interne ed esterne ai confini aziendali, al fine di poter utilizzare poi le informazioni per offrire prodotti e comunicazioni sempre più personalizzate e per questo rilevanti per il cliente; oppure all’utilizzo dei social per poter condividere in “real time” le emozioni che possono essere vissute durante un evento.Tra i concerti che hanno fatto la storia della musica a quale avresti voluto partecipare?Negli anni ho avuto la fortuna di assistere a moltissimi concerti: da questo punto di vista in TicketOne siamo abbastanza viziati. Mi piace ricordare il tour 360 degli U2, una produzione e una qualità incredibili, tanto che ho assistito a tutte le quattro date italiane. Il concerto che più di ogni altro porto nel cuore è però stato Italia loves Emilia del 22 settembre 2012 a Campovolo per la raccolta fondi dopo il terremoto. Comunque, il concerto più bello è sempre il prossimo. Se penso a un evento a cui avrei veramente voluto assistere devo guardare più indietro nel passato: sicuramente il concerto dei Pink Floyd del 1989, che chiusero il loro tour italiano con un live nel Giorno del Redentore in piazza San Marco a Venezia, su un palco galleggiante nel mezzo della laguna. Dove ti vedi fra 5 anni? Ad uno spettacolo venduto da TicketOne!