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Quanto bisogna spendere per vincere lo Scudetto? Almeno 260 milioni. Le stime di PwC

PwC Italia, che da oltre 10 anni alimenta un osservatorio economico-finanziario e statistico dedicato al calcio professionistico italiano, ha deciso di investire ulteriormente per offrire agli operatori del mercato una soluzione innovativa e unica nel suo genere.

Fonte Milano Finanza di Francesco Bertolino

Quanto costa vincere uno scudetto? In Italia 260 milioni di euro. Non stiamo parlando di strategie corruttive, ovviamente. Ma della spesa media per calciatori sostenuta dai club che si sono aggiudicati il campionato nelle ultime quattro stagioni. A calcolarla è PwC che con il Football Strategy Tool ha raccolto, catalogato e organizzato per la consultazione 13 anni di dati patrimoniali, finanziari e sportivi di tutte le società di Serie A e Serie B. Si scopre così che la traiettoria del pallone è più prevedibile di quanto si pensi. I club qualificati alla Champions League, per esempio, hanno un costo medio della rosa di 170 milioni, per ambire all'Europa League è necessario sborsarne 145, mentre per schivare la Serie B un presidente deve metter in conto un investimento sui giocatori di 53 milioni. Certo, sono possibili eccezioni: il Milan, per esempio, è riuscito a conquistare la Serie A 21/22 pur avendo il quarto totale retributivo del torneo. Ma i casi straordinari non sono fondamenta solide per costruire un progetto a lungo termine. «È possibile che un club eviti la retrocessione con un monte ingaggi di 30 milioni per una stagione, ma la probabilità di ripeterlo in maniera seriale è remota e di conseguenza modellare un piano industriale su queste basi non è corretto», spiega Luigi Mascellaro, partner di PwC, che con Federico Mussi e FIlippo Schemoz ha costituito il dipartimento calcio in seno all'organizzazione. Se dai costi della rosa dipendono i risultati sportivi, infatti, quest'ultimi sono il primo fattore determinante delle performance finanziarie. La correlazione fra performance sul campo e di bilancio è destinata ad aumentare con l'avvento della nuova Superchampions League che, incrementando gli introiti Uefa, acuirà il divario economico fra i club partecipanti ai tornei europei e quelli esclusi. La prossima introduzione del Salary Cap da parte dell'ente di Nyon consentirà poi alle società di spendere per il personale tesserato una quota decrescente dei ricavi. Il tetto definitivo si attesterà al 70% del fatturato e scatterà a partire dal 2025. Il tempo per allinearsi non è molto: i club italiani non possono tardare ad avviare il percorso di rientro, pena perdere l'accesso alle lucrose coppe continentali. Trovare l'equilibrio fra costi e ricavi, senza scontentare i tifosi, non è però affatto semplice, come dimostrano i miliardi di perdite accumulati in questi anni dai club europei alla ricerca di successi sportivi e di un'espansione commerciale in patria e all'estero. «La pandemia ha messo a nudo fragilità di sistema preesistenti, creando difficoltà economiche a molte società», osserva Mascellaro. «La crisi può però diventare l'occasione per reimpostare le attività su parametri misurabili e sostenibili». A lungo, del resto, il pallone è stato un gioco da Paperoni, più interessati a ritorni d'immagine e d'influenza che ai profitti. Qualcuna di queste proprietà ancora sopravvive. L'interesse di grandi fondi e banche per club e Leghe pare tuttavia suggerire che la finanza abbia ormai deciso di conquistare il campo, imponendo anche allo sport la legge dei numeri. E, benché non sempre come obiettivo primario, persino gli sceicchi mediorientali stanno perseguendo la redditività, costruendo per esempio holding con partecipazioni in società di diversi campionati. «Il calcio non è più affare solo da mecenati, ma un'industria sempre più sofisticata, con un enorme indotto economico e sociale», sottolinea. «Sinora, però, sono mancati i dati per misurarlo e per prevederne l'evoluzione», prosegue, «il Football Strategy Tool intende ovviare proprio a questa carenza, offrendo a istituzioni, Leghe, proprietà e potenziali nuovi investitori un quadro preciso della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dei club». L'assenza di informazioni affidabili, complete e confrontabili rischia altrimenti di costituire un ostacolo insuperabile allo sviluppo del calcio italiano. Sono indispensabili non solo per gestire la cassa, elaborare piani industriali e accedere al credito o altre forme di finanziamento. Ma anche per presentare offerte di acquisto di partecipazioni di maggioranza o minoranza. «La Serie A, la Serie B e i rispettivi club sono da tempo sotto la lente di grandi capitali mediorientali, americani ed europei», rivela Mascellaro. «Questi investitori non sono talvolta disposti neanche a sedersi al tavolo delle trattative senza dati strutturati che diano per esempio conto dei debiti con i fornitori», avverte. «E anche qualora decidano di avviare comunque il negoziato, faticano poi a formulare una proposta economica».


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