Il prezzo del protezionismo: l’impatto delle nuove tariffe sul potenziale di crescita italiano
Trump impone dazi su importazioni globali, scatenando tensioni commerciali e contromisure UE. Rischi per l’economia italiana e globale.
Nei primi mesi del 2025, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha adottato una politica commerciale protezionistica introducendo dazi del 25% su importazioni da Messico e Canada e del 10% su quelle dalla Cina. Dopo negoziati, la loro applicazione è stata temporaneamente sospesa per un mese, ma il 3 marzo sono entrati in vigore, suscitando preoccupazioni globali. Successivamente, il 12 marzo, sono stati imposti dazi del 25% su acciaio e alluminio dall’Unione Europea, seguiti il 26 marzo da un aumento del 25% sulle importazioni del settore automotive, con l'obiettivo di incassare tra i 600 e i 1000 miliardi di dollari in due anni.
L’Unione Europea ha risposto annunciando misure compensative per €26 miliardi, inclusa la reintroduzione di dazi precedentemente sospesi e nuovi interventi su un’ampia gamma di prodotti americani. L'inasprimento dei rapporti commerciali con gli USA rappresenta una sfida per l'Italia, che nel 2024 vantava un surplus commerciale di €64,7 miliardi con gli Stati Uniti. Le nuove tariffe potrebbero ridurre significativamente le esportazioni italiane, con impatti negativi su vari settori industriali.
Inoltre, il protezionismo americano potrebbe avere effetti controproducenti anche per gli USA: l’aumento dei costi delle importazioni rischia di penalizzare le imprese che dipendono da componenti esteri e di incidere negativamente sui consumatori. La Federal Reserve Bank of Atlanta prevede un rallentamento del PIL statunitense del –2,8% nel primo trimestre del 2025, segnalando già un possibile impatto negativo sull’economia.
L'Italia, pur avendo una dipendenza relativamente bassa dalle importazioni USA (4,8% del totale), risulta esposta in alcuni settori strategici, tra cui macchinari, alimentare ed energia. Le imprese che dipendono da questi beni potrebbero vedere compromessa la loro catena del valore, con conseguenze su competitività e margini di profitto. Inoltre, le regioni italiane risentiranno dell’impatto in modo differenziato, con la Toscana particolarmente esposta (19,8% delle importazioni dagli USA).
Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e resto del mondo rischiano di innescare una spirale di inefficienza e stagnazione, con conseguenze negative che potrebbero estendersi ben oltre i confini dell’economia americana e influenzare la crescita globale nei prossimi mesi.
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