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È lo Stato di identificazione estero a determinare se l’OSS sia utilizzabile per versare l’IVA italiana su operazioni effettuate prima della data di adesione al regime

Con la risposta n. 253/2023, dello scorso 17 marzo 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito riscontro all’istanza d’interpello presentata da una società stabilita nell’Unione Europea

L’Agenzia delle Entrate nel periodo d’imposta 2016-­2021, ha effettuato, tra le altre, prestazioni di servizi elettronici ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, verso committenti non soggetti passivi, assoggettando erroneamente ad IVA tali operazioni nel proprio Stato di stabilimento anziché nel luogo in cui il cessionario è stabilito oppure ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale, come previsto dell’art. 58 della Direttiva 2006/112/CE.

Riferendo di aver aderito al regime One Stop Shop (c.d. “OSS”) dal 1° gennaio 2022, la società istante chiedeva autorizzazione a pagare l’IVA dovuta per il periodo 2016­2021 mediante la prima dichiarazione OSS utile, evitando di registrarsi in Italia.

Con il proprio parere, l’Agenzia delle Entrate osserva come il legislatore italiano abbia recepito la Direttiva 2008/8/CE con il D.lgs. n. 42/2015 e che, con lo stesso decreto, è stato anche reso operativo in Italia, a partire dal 1° gennaio 2015, il regime speciale Mini One Stop Shop (c.d. “MOSS”), che offriva, ai soggetti che effettuano prestazioni di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici (anche noti come “TTE”) nei confronti di consumatori finali (B2C) domiciliati all’interno dell’UE, la possibilità di identificarsi in un unico Stato membro al fine di adempiere agli obblighi relativi all’assolvimento dell’IVA per le prestazioni rese in ciascuno Stato membro.

Tramite il nuovo sportello unico, che comprende i regimi c.d. “OSS” e “iOSS” (i.e., import One Stop Shop), risulta quindi possibile dichiarare e versare l’IVA relativa alle vendite intraunionali di beni e servizi solo nello Stato membro di registrazione.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate specifica che alle violazioni commesse nell’ambito del regime speciale MOSS si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie contenute nel D.lgs. n. 472/1997.

Pertanto, la società istante dovrebbe verificare con il proprio Stato di identificazione la possibilità di una tardiva iscrizione al MOSS, finalizzata a regolarizzare l’imposta dovuta in Italia, nei limiti di quanto ammesso dal citato articolo 13 del d.lgs. n. 472/1997. 

Se la registrazione tardiva fosse possibile, la società istante potrebbe versare l’imposta nel proprio Stato di stabilimento, tramite (M)OSS, e versare interessi e sanzioni ridotte in Italia mediante Modello F24, previa acquisizione di un codice fiscale italiano (senza identificazione ai fini IVA). Qualora, invece, tale opzione di registrazione tardiva non fosse percorribile, per effettuare i predetti adempimenti, contabili e di versamento, la società istante dovrà registrarsi ai fini IVA in Italia secondo quanto previsto dagli articoli 17, comma 3 e 35-ter del d.P.R. n. 633/1972.

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