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Andrea Toselli: Il Futuro del lavoro tra Intelligenza Artificiale e Formazione digitale continua

“L’elemento umano resta decisivo in ogni passo dello sviluppo tecnologico perché è l’unico a comprendere il significato delle operazioni che vengono esternalizzate nelle macchine, e perciò può dirigerle e orientarle”

L'avvento dell'intelligenza artificiale ha dato il via a una trasformazione tecnologica di grande portata, che sta vivendo il suo momento di massima espansione. Questa fase di cambiamento sta ridefinendo il sistema produttivo, portando con sé una modifica del paradigma occupazionale. Perché questa innovazione diventi un motore di crescita e non un elemento di disuguaglianza sociale, è essenziale capire le caratteristiche del momento che stiamo vivendo. L'IA non ha creato nuovi settori produttivi, ma ha cambiato le dinamiche di quelli esistenti, concentrandosi più sulle competenze cognitive (come l'analisi e l'elaborazione) che sugli aspetti puramente tecnici. Questo significa che le macchine hanno sostituito le persone? Assolutamente no. L’elemento umano rimane fondamentale in ogni fase dello sviluppo tecnologico: solo l’essere umano è in grado di comprendere il significato delle operazioni delegate alle macchine, dirigendole e orientandole correttamente. In PwC usiamo l'espressione "Tech-Powered, Human-Led", ovvero tecnologia al servizio delle persone, ma guidata dall'intelligenza umana.

In questo contesto, “governare la transizione” significa intervenire sul rapporto tra competenze e mondo del lavoro. È fondamentale valorizzare le "character skills", quelle competenze che favoriscono la creatività e il pensiero critico, e che non potranno mai essere sostituite da una macchina. Uno studio di Unioncamere del 2022 ha rilevato una crescente domanda di queste competenze, soprattutto per le posizioni manageriali e nei settori STEM. Promuovere queste abilità fin dalla scuola è cruciale, ed è proprio questo l'obiettivo della legge sulle competenze non cognitive, che verrà discussa domenica al Meeting di Rimini con il ministro Valditara, in un evento promosso dall’intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, di cui PwC è partner tecnico.

Tuttavia, valorizzare le competenze trasversali non è sufficiente. È indispensabile offrire ai lavoratori percorsi di formazione continua, per permettere loro di stare al passo con un mondo in costante e rapido cambiamento. Il calo della produttività del lavoro degli ultimi anni evidenzia l'urgenza di investire in una formazione che risponda con maggiore rapidità alle richieste del mercato. In particolare, il deficit più significativo si registra nel settore digitale: secondo i dati di Confartigianato, le imprese italiane necessitano di 699.000 lavoratori con competenze digitali avanzate 4.0, ma riescono a trovarne solo la metà (51,8%).

Paesi come Francia e Germania, che hanno ottenuto risultati migliori dell'Italia in termini di produttività (dal 2000 al 2022, l’Italia ha registrato un +3,5% contro il +14,8% della Francia e il +22,4% della Germania), investono maggiormente nell'apprendimento continuo. Le aziende italiane destinano solo lo 0,19% del Pil alla formazione professionale (€3,7 miliardi), mentre quelle tedesche e francesi ne destinano rispettivamente lo 0,32% del Pil, ossia €12,4 miliardi e €7,1 miliardi (dati dell’Ufficio Studi PwC). È necessario un intervento politico per ripensare gli strumenti a sostegno della formazione continua, in particolare per coprire i costi indiretti (come la sostituzione e il mancato lavoro dei partecipanti ai corsi), che rappresentano circa il 60% del totale. Non si può investire nelle tecnologie senza investire nelle persone: è questa l'idea alla base della proposta "Capitale Umano 4.0", che sarà discussa venerdì al Meeting di Rimini con il ministro Giorgetti, su iniziativa dell’intergruppo per la Sussidiarietà. Il rilancio della politica industriale in Italia deve partire proprio da qui: solo persone in grado di creare e di pensare potranno fare del futuro una vera opportunità.

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