Eventi
Parliamone
News e Pubblicazioni
  • Risk & Compliance
  • Riservato

Solo la metà delle imprese italiane (58%) ha una funzione di Risk Management

Lo studio "Risk Management & Governance" di PwC Italia mostra che solo il 58% delle aziende ha un reparto di gestione dei rischi, con maggiore presenza in aziende quotate e regolamentate e minore in quelle non quotate; l'adozione cresce con il fatturato aziendale.Solo il 58% delle aziende possiede un reparto interno dedicato alla gestione dei rischi, che spesso non ricopre un ruolo strategico e risulta poco diffuso. La presenza di questa funzione è più comune tra le aziende quotate (78%) e quelle in settori regolamentati (83%), mentre è meno frequente tra le non quotate (41%). Questi dati emergono dallo studio "Risk Management & Governance: lo stato dell’arte delle imprese italiane", realizzato da PwC Italia in collaborazione con Nedcommunity, che ha analizzato 100 aziende italiane non finanziarie.Analizzando le aziende per classi di fatturato, si nota che l’implementazione di un sistema integrato di gestione del rischio è più comune nelle grandi aziende: è presente nel 37% delle aziende con fatturato inferiore a 100 milioni, sale al 79% in quelle con fatturato superiore a 750 milioni e raggiunge il 100% nei grandi gruppi multinazionali con fatturato oltre i 3 miliardi.Patrizia Giangualano, Independent Director, Advisor in Governance and Sustainability e Consigliere Direttivo di Nedcommunity, sottolinea l'importanza di gestire attivamente i rischi in un'era di incertezze geo-politiche ed economiche, evidenziando la necessità di nuovi profili professionali e flussi informativi adeguati per la governance.Nonostante l'importanza strategica, meno della metà dei responsabili della gestione dei rischi (43%) riporta direttamente al CEO. Questo limite nella struttura organizzativa compromette l'autonomia e l'indipendenza di giudizio necessarie per un efficace controllo dei rischi aziendali. Oltre un terzo delle aziende (36%) non considera il ruolo del risk manager a livello esecutivo.Più della metà delle aziende (53,1%) non ha definito esplicitamente la propria propensione al rischio e, di quelle che non dispongono di un Risk Appetite Framework (RAF), oltre il 76% non ha piani per svilupparlo. Non ci sono differenze significative tra aziende quotate e non, né in base alla dimensione."Ci ha sorpreso analizzando i dati che nel 50% dei casi l’azienda non formalizzi i rischi collegati ai propri obiettivi di business avendo presente la propensione al rischio e le conseguenti soglie di tolleranza" spiega Riccardo Bua Odetti, Partner PwC Italia e Risk Consulting ERM Leader. "Eppure il risk appetite e la risk tolerance sono due pilastri fondamentali del framework ERM che garantiscono una gestione del rischio aziendale coerente con la strategia. In assenza di questi aspetti, l’azienda potrebbe avere un business plan non duraturo nel tempo e assumere una rischiosità non in linea con le aspettative degli stakeholder".Nella maggioranza delle imprese (74%) il CdA è direttamente coinvolto nella definizione del RAF, attraverso le definizioni di obiettivi declinati in risk appetite, tolerance e capacity. Tuttavia, sono numerosi i casi di aziende in cui l'informativa sul risk profile corrente non è frequente, un dato preoccupante considerando il contesto di forte incertezza e volatilità dell’effetto dei rischi sull’azienda. In aggiunta, la ricerca rivela che in meno della metà dei casi (43%) il CdA verifica che le decisioni strategiche siano in linea con il Risk Appetite Framework e a volte riceve un business plan senza indicazione dei rischi associati. Una situazione da attenzionare, se è vero che solo in un caso su tre (33%) il Consiglio di Amministrazione è davvero consapevole di come vengano integrati i temi ESG nelle analisi di gestione del rischio."Una percentuale che deve necessariamente crescere considerando la rilevanza strategica e la pervasività delle tematiche ESG nel contesto attuale" aggiunge Riccardo Bua Odetti. "L’introduzione della CSRD infatti richiede di rivedere il ventaglio di rischi aziendali, e in particolare: di sensibilizzare i risk owner alla gestione di nuove tematiche, di includere sempre più tematiche ESG nelle metriche ERM e, non meno importante, di ottenere una visione sintetica di metriche interne ed esterne, anche alla luce di analisi di doppia materialità".Infine, sebbene molte aziende non considerino il rischio nei parametri di valutazione delle performance dei manager, quelle che lo fanno attribuiscono a questi parametri un'importanza significativa, evidenziando la necessità di comunicare la gestione dei rischi a tutti i livelli organizzativi attraverso valutazioni delle performance.

  • Finance

Private Equity: ricavi società in portafoglio crescono più del pil

  • Finance

Private Equity: ricavi società in portafoglio crescono più del pil

Lo studio di PwC mostra che l'occupazione nelle aziende italiane supportate da private equity è cresciuta del 6,9% dal 2018 al 2022, superando il benchmark e migliorando anche nelle politiche ESG.Secondo lo studio di PwC, l'occupazione nelle aziende detenute dai fondi di private equity è aumentata del 6,9% nel 2022, con un incremento dello 0,9% rispetto al 2021. Questa crescita è strettamente correlata all'incremento dei ricavi osservato. Le aziende in questione hanno registrato un tasso di crescita dell'occupazione superiore rispetto al benchmark: nel 2022, il gap è aumentato al 6,7% (contro il 6% nel 2021), segnando il maggior distacco registrato negli ultimi cinque anni. I fondi di private equity hanno creato circa 41.000 posti di lavoro in Italia tra il 2018 e il 2022, nell'ambito del campione di aziende esaminate. Anche l'indice manageriale ha mostrato una crescita, con un aumento del 10,7% nel numero di amministratori nelle società supportate da private equity nel 2022, rispetto al 5,3% del 2021.Francesco Giordano, private equity leader di PwC Italia, ha detto: 'lo studio ha evidenziato una performance rilevante delle societa' partecipate da private equity, confrontando anno di investimento e anno di disinvestimento, evidenziando valori di crescita record in particolare in termini di ricavi e tassi occupazionali, entrambi superiori rispetto al benchmark di societa' private similari analizzate, confermando il focus che i private equity hanno nello sviluppo del business anche tramite la crescita della forza lavoro'. Secondo Giordano, inoltre, l'analisi delle tematiche ESG ha confermato la progressiva rilevanza che le tematiche ambientali, sociali e di governance stanno assumendo nelle strategie dei private equity che, nel campione di societa' analizzate quest'anno, hanno fatto registrare un miglioramento degli indici di emissioni di CO2 e del gender balance ratio.

  • Legal

Disposizioni Banca d'Italia in materia di assegni circolari

  • Legal

Pillarstone cede il 100% di Manucor a Plastchim-T: PwC TLS tra gli avvocati in campo

  • Legal

L’applicazione della GMT per le Holding conduce necessariamente alla full compliance?

  • Legal

MIMIT: Progetti di ricerca e sviluppo – Specializzazione intelligente

Il nostro Manifesto

Condividere esperienze, consigli utili e storie di vita